A chi spetta provare la data di realizzazione dell’opera oggetto di domanda di sanatoria?

A chi spetta provare la data di realizzazione dell’opera oggetto di domanda di sanatoria?

A chi spetta provare la data di realizzazione dell’opera oggetto di domanda di sanatoria?

Ai fini delle istanze di sanatoria edilizia, in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data fissata dalla legge, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 3 giugno 2019, n. 3696.

In linea di diritto, l’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo rationetemporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2018 n. 1391).

Per quanto riguarda la gamma degli strumenti probatori ammissibili ai fini della prova del momento di realizzazione dell’abuso, le dichiarazioni sostitutive di notorietà non sono utilizzabili nel processo amministrativo e non rivestono alcun effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l’attività istruttoria dell’amministrazione, ovvero le deduzioni con cui la stessa amministrazione rileva l’inattendibilità di quanto rappresentato dal richiedente (Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2014 n. 2782 e 27 maggio 2010 n. 3378). In presenza di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data fissata dalla legge, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso (Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2008 n. 6548).

L’indagine sulla veridicità ed effettività di quanto viene dichiarato nell’istanza di condono ediliziocostituisce compito specifico dell’amministrazione comunale che, fin dal sistema complessivamente risultante dalla l. 47/1985, in particolare dall’art. 4 (oggi trasfuso nel sistema di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale è riservata al Comune e detto potere/dovere di vigilanza concerne anche la attenta verifica circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio di provvedimenti di condono edilizio. A carico dell’amministrazione comunale raggiunta dall’istanza di condono edilizio l’art. 31, comma 2, l. 47/1985 pone una indagine istruttoria per la verifica del requisito dell’ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono, che si sviluppa attraverso due criteri alternativi: il criterio “strutturale”, che vale nei casi di nuova costruzione e del criterio “funzionale”, che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti.

Quanto al criterio strutturale del completamento del rustico, per edifici “ultimati”, si intendono quelli completi almeno al “rustico”.

Per edificio al rustico si intende un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (Cons. Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1998 n. 130). La nozione di completamento funzionale implica invece uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione.

In altri termini, l’organismo edilizio non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza planovolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione “al rustico”, ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno) sebbene una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale, che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d’uso. Ai predetti fini è necessario che siano state realizzate le opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l’originaria destinazione d’uso (Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 1995 n. 1071), ossia quelle opere che qualifichino in modo inequivoco la nuova e diversa destinazione (Cons. Stato, Sez. V, 4 luglio 2002 n. 3679).

Esito:

conferma T.A.R. Lazio Latina, 10 febbraio 2012, n. 105

Riferimenti normativi:

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 3 giugno 2019, n. 3696

 

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