Abuso edilizio Spetta al richiedente provare la data utile necessaria al Condono

Abuso edilizio Spetta al richiedente provare la data utile necessaria al Condono

Abuso edilizio : Spetta al richiedente provare la data utile necessaria al Condono

L’onere di provare l’ultimazione del manufatto alla data ultima utile per beneficiare del condono spetta all’interessato, poiché il periodo di realizzazione delle opere costituisce elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca la sussistenza del presupposto temporale per usufruire del condono edilizio. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 11 novembre 2019, n. 7678.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696
Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1837

Difformi Non si rilevano precedenti

Il fatto
Il Consiglio di Stato – adito per la riforma della sentenza del Tar Toscana, sez. III, n. 1642 del 2009, resa in tema di diniego di sanatoria edilizia e ordinanza di demolizione di talune opere abusive, si sofferma, tra l’altro, in tema di condono edilizio.
Il profilo trattato è quello della collocazione temporale dell’opera abusiva, rilevante ai fini dell’individuazione della disciplina urbanistica dell’epoca e delle correlative eventuali ipotesi d’insanabilità, secondo i principi generali che presiedono alla determinazione del tempo di realizzazione delle opere ammesse a condono.
Occorre, a tal fine, aver riguardo alla data di ultimazione delle opere, precisando l’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985 che: “si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.
La decisione del Consiglio di Stato
La norma innanzi richiamata opera un distinguo tra nuovi edifici residenziali, per i quali si richiede l’esecuzione del rustico e il completamento della copertura, ed opere interne di edifici già esistenti per le quali si richiede il completamento funzionale.
Deve dunque interrogarsi sulla portata del concetto di completamento funzionale.
In generale, lo stesso è riferito alla realizzazione di un intervento di cui sia possibile riconoscere le caratteristiche tipologiche, in quanto siano presenti gli aspetti essenziali che ne individuano la funzione e ne consentono l’utilizzo.
Più precisamente, tale concetto serve ad identificare il momento in cui il manufatto ha acquisito caratteristiche oggettivamente ed univocamente idonee alla nuova destinazione, anche se gli interventi di finitura non risultano ancora completati (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 393).
Nella sentenza in esame si precisa in particolare come:
– l’onere della prova circa la data di ultimazione del manufatto (utile per poter beneficiare del condono) gravi a carico dell’interessato in quanto il periodo di realizzazione delle opere è mero elemento di fatto che rientra nella disponibilità della parte istante (ex ceteris, Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1837; Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1391; Cons. Stato, sez. IV, 24 agosto 2017, n. 4060);
– a tal fine non è sufficiente la sola dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio la quale deve necessariamente essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti.

In particolare, costituisce ormai ius receptum la necessità che l’interessato produca ogni elemento utile di riscontro, eventualmente anche indiziario, idoneo a comprovare, con ragionevole certezza, l’epoca di realizzazione dell’opera. In difetto, pertanto, di evidenze probatorie (che è onere della parte istante fornire) resta integro il potere dell’amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso unitamente al dovere di irrogare la sanzione demolitoria.
La giurisprudenza ha precisati che “anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori (…);
– la presenza di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà si limita al più a rafforzare il dovere motivazionale a supporto delle proprie determinazioni negative, ma certamente non può estendersi sino a comprendere la necessità di dare una prova piena e certa che l’abuso è successivo alla data di riferimento assunta dalla legge per beneficiare del condono (…);
– è perciò sufficiente, per respingere la domanda di condono, pur in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che l’amministrazione non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data prescritta dalla legge (sentenza n. 748 del 2000)” (Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 2019, n. 3874).
L’indagine sulla veridicità ed effettività di quanto viene dichiarato nell’istanza di condono edilizio costituisce, poi, compito specifico dell’amministrazione comunale che, fin dal sistema complessivamente risultante dalla L. n. 47 del 1985, in particolare dall’art. 4 (oggi trasfuso nel sistema di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) per il quale la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale è riservata al Comune e detto potere/dovere di vigilanza concerne anche la attenta verifica circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio di provvedimenti di condono edilizio.
Quindi, a carico dell’amministrazione comunale raggiunta dall’istanza di condono edilizio l’art. 31, comma 2, L. n. 47 del 1985 pone una indagine istruttoria per la verifica del requisito dell’ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono, che si sviluppa attraverso due criteri alternativi: il criterio “strutturale”, che vale nei casi di nuova costruzione e del criterio “funzionale”, che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti (Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696).
Si è osservato: “in giurisprudenza è fermo il concetto per cui legittimamente la P.A. rigetta l’istanza di condono basandosi sul conforto di aerofotogrammetria avente data certa —costituendo questa un elemento, proveniente da un terzo, inequivocabile circa la non edificazione dell’area alla data del volo (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 24 dicembre 2008 n. 6548; id., 2 febbraio 2011 n. 752) — e, per altro verso, la prova a confutazione, foss’anche mediante querela di falso, sull’effettiva data di ultimazione delle opere abusive è onere esclusivo di chiede la sanatoria, all’uopo non bastando, a fronte di dati fisici concreti, solo mere reminiscenze non collegate a dati fisici e cronologici certi” (Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2019, n. 1802).
Si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3834 secondo cui la dichiarazione sostitutiva di notorietà dell’intervenuta ultimazione delle opere edilizie entro la data utile per poter beneficiare del condono “non preclude … all’Amministrazione, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse.
Quindi, il richiedente la sanatoria, a fronte di elementi di prova a disposizione dell’Amministrazione che attestino il contrario, è gravato dall’onere di provare, attraverso ulteriori elementi, quali fotografie aeree, fatture, sopralluoghi e così via, l’effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio”.
Invero, come anticipato, nelle controversie in materia edilizia grava sul privato e non sull’Amministrazione richiedente l’onere della prova in ordine all’ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono (Cons. Stato, sez. IV, 23 gennaio 2013, n. 414).
Ciò si giustifica non solo in base al disposto dell’art. 64, I, D.Lgs. n. 104/2010 (spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti) ma anche in considerazione che su tale circostanza (in ordine all’ultimazione dei lavori) l’interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all’epoca di realizzazione dell’abuso.
Al contrario, l’amministrazione non è, normalmente, in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul punto.
Il procedimento condonistico, dunque, nasce su istanza di parte e tanto, per concorde giurisprudenza amministrativa, esclude l’obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990 (Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4631).
Riferimenti normativi:
Legge n. 47/1985
Legge n. 241/1990
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 11 novembre 2019, n. 7678

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