Assemblea in video conferenza? per il consenso, basta la maggioranza dei condomini
Con repentino ripensamento, la legge di conversione del d.l. n. 125 del 2020 ha già modificato il sesto comma dell’art. 66, disp. att. cod. civ., stabilendo che per la partecipazione all’assemblea in modalità di videoconferenza basta il consenso della maggioranza dei condomini. La correzione legislativa non applica nuovi rimedi rispetto al suo immediato predecessore e perciò appare pronta a rivelarsi causa di nuovi mali.
In sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, le Camere hanno introdotto la seguente norma con l’art. 5-bis (Disposizioni in materia di assemblee condominiali): – 1. All’articolo 66, sesto comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, le parole: “di tutti i condomini” sono sostituite dalle seguenti: “della maggioranza dei condomini”.
La legge di conversione ha così inserito una modifica relativa al funzionamento della assemblea di condominio che appare del tutto estranea all’oggetto e alle finalità del testo originario del decreto legge, rivelandosi l’art. 5-bis una “disposizione intrusa”: l’iter peculiare dell’approvazione ex art. 77, comma 3, Cost. è stato, infatti, sfruttato per novellare una norma contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice civile, senza alcuna immediata correlazione con le misure urgenti connesse alla proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica.
Quel che rende ancor più singolare il repentino intervento normativo contenuto nell’art. 5-bis è che con esso si è modificata significativamente una disposizione che lo stesso Parlamento aveva approvato solo poco più di un mese prima, e cioè il sesto comma dell’art. 66, disp. att. cod. civ, appena aggiunto dall’art. 63, comma 1-bis, lett. a) del d.l. 14 agosto 2020, n. 104, introdotto in realtà anch’esso dalla legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126, in vigore dal 14 ottobre 2020.
Il sesto comma dell’art. 66, disp. att. cod. civ. prevedeva che: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza (…). La stessa disposizione diviene ora: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza (…).
L’art. 5-bis non applica nuovi rimedi rispetto al suo immediato predecessore e perciò appare pronto ad essere causa di nuovi mali.
Restano in buona parte valide le obiezioni già svolte in La legge di conversione del D.L. agosto: il condominio in quarantena, pubblicato qui il 15 ottobre 2020, a proposito della formulazione del comma 6 dell’art. 66 disp. att. cod. civ. dettata con la legge n. 126/2020.
Il “previo consenso” legittima “la partecipazione all’assemblea in modalità di videoconferenza” anche se tale modalità non sia “espressamente prevista dal regolamento condominiale”. Il che starebbe a significare che la partecipazione all’assemblea in modalità di videconferenza non contrasta con le norme assolutamente inderogabili sul funzionamento dell’organo collegiale richiamate dall’art. 1138, comma 4, cod. civ. e dall’art. 72 disp. att. cod. civ., rispetto alle quali il regolamento, sia pure unanime, nulla può.
Questo consenso ha, poi, ad oggetto la “partecipazione all’assemblea”, cioè a quella sola riunione per cui viene prestato: non si tratta, pertanto, di un “consenso-regolamento”, che intenda fissare, per identici casi futuri, una nuova regola di comportamento per i condomini.
È un consenso che può esprimersi in qualsiasi momento antecedente alla riunione (anche indipendentemente dalla apposita indicazione che l’assemblea sia «prevista in modalità di videoconferenza» su una determinata piattaforma, contenuta nell’avviso di convocazione ex art. 66, comma 3, disp. att. cod. civ.), ed in qualsiasi forma, pure tacita, anche dunque mediante soli comportamenti concludenti dai quali possa desumersi una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà, sicché l’assemblea dovrebbe ritenersi regolarmente costituita nel caso in cui la maggioranza dei condomini vi abbia comunque partecipato in videoconferenza (sulla validità del consenso tacito, si veda R. Triola, Brevi osservazioni sulla disciplina delle assemblee in ”modalità di video conferenza”: ritornano i dilettanti allo sbaraglio, in www.consulenza.it, 5 novembre 2020).
Rimane oscuro quale sia l’ostacolo che questo consenso preventivo debba rimuovere e perciò, ove prestato, quale sia l’ostacolo che utilmente rimuova.
Partecipare all’assemblea condominiale con strumenti di telecomunicazione, in difetto di previsione regolamentare o di consenso preventivo (di tutti o dei più), è lecito o è illecito? Se la partecipazione telematica è illecita, in quanto contraria alle regole che presidiano le procedure assembleari, quali quelle dettate dagli artt. 1136 c.c., 66 e 67 disp. att. cod. civ. nell’esclusivo interesse della minoranza, come fa la stessa a divenire lecita sol perché approvata o accettata da una maggioranza?
Cosa suppone il legislatore, che maneggia e rimaneggia in poche settimane il comma sesto dell’art. 66 disp. att. cod. civ., con quel “consenso” preventivo alla partecipazione all’assemblea «in modalità di videoconferenza»? Una autorizzazione legittimante la lesione di un interesse individuale al rispetto del procedimento collegiale? Una rinunzia alla reazione contro la medesima lesione dell’interesse alla regola della collegialità, e, dunque, una rinunzia al potere di impugnare la delibera provocandone l’annullamento?
In ogni caso, il consenso preventivo di tutti o della maggioranza dei condomini non scongiura affatto il rischio che l’eventuale peccato originale di costituzione venga dedotto dagli stessi consenzienti come motivo di impugnazione ex art. 1137 c.c., giacché il dissenso, che costituisce presupposto di legittimazione all’impugnativa, va comunque considerato con riguardo al contenuto oggettivo di merito della deliberazione e non rispetto alla regolarità del procedimento collegiale.
La partecipazione all’assemblea in modalità di videconferenza, se non espressamente contemplata dal regolamento di condominio, può ora ammettersi col “consenso della maggioranza dei condomini”. La maggioranza dei condomini significa, alla lettera, la maggioranza dei partecipanti al condominio (non soltanto la maggioranza degli intervenuti alla singola riunione), calcolata con riguardo al solo elemento personale, indipendentemente dal valore proprietario che essi rappresentano. Potrà accadere, peraltro, che la maggioranza delle persone dei condomini, che consente alla partecipazione alla riunione mediante strumenti di telecomunicazione, non raggiunga contemporaneamente (semmai per l’ostilità che a tali modalità oppongano i restanti condomini) la frazione di valore dell’edificio comunque occorrente per la validità della costituzione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1136 c.c.
Una volta, poi, che la partecipazione all’assemblea in modalità di videoconferenza è divenuta, stando proprio al sesto comma dell’art. 66, disp. att. cod. civ., una “materia regolamentare”, potrebbe accadere che il regolamento di condominio, validamente approvato con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 c.c. (pari alla maggioranza degli intervenuti in occasione della deliberazione di approvazione ed almeno alla metà del valore dell’edificio), ponga un espresso divieto di tale intervento in assemblea con collegamenti da remoto. Può, in tal caso, validamente contrapporsi al regolamento vigente la semplice maggioranza dei partecipanti al condominio, consentendo l’utilizzo della videoconferenza in occasione di una specifica riunione?
Sembra inutile che i pratici pretendano dalla legge le risposte a tanti interrogativi. Ciò che i pratici devono risolvere, lo risolveranno facendolo.
Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125