Assemblee di condominio in tempi di Coronavirus

Assemblee di condominio in tempi di Coronavirus

Assemblee di condominio in tempi di coronavirus

L’evolversi della situazione sanitaria in Italia, con la conseguente adozione di continue misure normative volte a contenere il contagio, pone non pochi problemi di azione all’amministratore di condominio che si trova a fronteggiare situazioni del tutto nuove. Il problema principale è rappresentato dal divieto di convocare i condomini in assemblea, con conseguente impossibilità di approvare rendiconti e preventivi di spesa e/o prendere le necessarie decisioni relative alla manutenzione straordinaria (non urgente) e fruire delle agevolazioni fiscali in scadenza alla fine dell’anno (ad esempio il bonus facciate).

Il divieto di convocare assemblee condominiali

L’impossibilità di svolgere riunioni assembleari è stata chiaramente sottolineata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 13 marzo 2020, nella risposta 1 alle FAQ sul coronavirus (sezione Riunioni) che ha precisato come le assemblee condominiali siano vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando, comunque, il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere.

Del resto, i numerosi provvedimenti anti-Covid 19, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus, ha vietato, per l’intero territorio nazionale, ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, ma anche privati. Sembra utile sottolineare che il Dpcm 9 marzo 2020 ha vietato a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, ovvero per motivi di salute; questo significa che non è possibile neppure organizzare assemblee per quei condomini che hanno acquistato le “seconde case” nei luoghi di villeggiatura, anche perché molti sindaci, al fine di accertare eventuali violazioni delle misure anti contagio, con apposite ordinanze hanno previsto la possibilità per la polizia municipale di controllare, anche a livello domiciliare, la presenza sul territorio comunale di persone non residenti o non abitualmente dimoranti, imponendo agli amministratori di condomino di segnalare all’autorità comunale la presenza di “condomini – turisti”.

In ogni caso, a causa degli effetti prolungati dell’epidemia derivanti anche dall’elevato numero dei contagi, è stata, da ultimo, decisa con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM 10 aprile 2020) l’efficacia fino al 3 maggio 2020 delle misure per il contenimento del contagio da Covid-19, disposte dal decreto stesso, che riprendono pressoché interamente le misure già stabilite in precedenza.

Le riunioni condominiali abusive

Bisogna considerare che la normativa anti–contagio è cogente e prevale sulla disciplina condominiale con la conseguenza che eventuali riunioni abusive genererebbero solo delibere nulle impugnabili senza limiti di tempo.

Non solo, la partecipazione all’assemblea dei condomini e dell’amministratore (che non potrebbe neppure affermare di essere uscito per esigenza lavorativa), oltre ad essere in contrasto con il divieto di riunirsi sopra detto, potrebbe essere sanzionata dalle forze dell’ordine per spostamento ingiustificato. A tale proposito bisogna ricordare, infatti, che è possibile allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora solo per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni lecite (Dl 19/2020). Alle stesse conclusioni si potrebbe arrivare per quelle eventuali riunioni “informali” organizzate nelle parti comuni, a cui partecipano solo i consiglieri e l’amministratore. Per tutti il rischio è una sanzione amministrativa ma qualora si attestasse in modo non veritiero una delle tre cause che permettono di spostarsi (motivi di salute, esigenze lavorative, altri stati di necessità) si commetterebbe il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale (art 495 c.p.), così rischiando da uno a sei anni di reclusione. Naturalmente quanto sopra vale a maggior ragione se alla riunione abusiva volesse partecipare un condomino positivo al Covid-19: in tal caso il condomino in “quarantena” si renderebbe responsabile di un reato. Infatti la violazione del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus è punita con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da 500 a 5 mila euro.

In ogni caso il legislatore ha introdotto una clausola di sussidiarietà: la contravvenzione non si applica se il fatto, in concreto, integra i presupposti applicativi dell’articolo 452 c.p. (epidemia colposa) o, comunque, di un più grave reato (si pensi all’organizzazione di una riunione da parte di un condomino contagiato, con invito di numerosi condomini nella sua abitazione: si tratta, in tal caso, del reato di epidemia “dolosa” previsto dall’articolo 438 c.p.).

I tentativi di aggirare il divieto di assembramento

Non è pensabile sostituire regolari delibere condominiali con decisioni prese a distanza e al di fuori di una riunione assembleare ricorrendo, ad esempio, alla sottoscrizione di un documento fatto girare da un consigliere nelle scale; lo stesso dicasi per una lettera circolare inviata ad ogni condomino che poi la sottoscrive: in entrambi i casi mancherebbe non solo la discussione della questione da trattare ma, soprattutto, la contestualità delle votazioni.

Del resto è difficile pensare che il legislatore del 1942 abbia previsto la possibilità di un’assemblea in videoconferenza, né la riforma del condominio sembra aver preso in considerazione tale eventualità, essendosi limitata a stabilire che l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, debba essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, anche a mezzo di posta elettronica certificata.

Naturalmente è auspicabile un intervento legislativo che precisi le regole cui attenersi per un’assemblea in videoconferenza.

Nel frattempo si potrebbe estendere al mondo condominiale quanto precisato dall’art. 106, comma 2, D.L. n. 18/2020 (Cura Italia), secondo cui, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie, le S.p.a., le S.a.p.a., le S.r.l., le società cooperative, le mutue assicuratrici possono prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione. Le predette società possono altresì prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2370, comma 4 (relativo alle società per azioni), 2479-bis, comma 4 (relativo alle società a responsabilità limitata), e 2538, comma 6 (relativo alle imprese cooperative e mutue assicuratrici), del codice civile.

Il ruolo dell’amministratore in assenza del consenso assembleare

Anche se per evitare contagi le riunioni assembleari non possono essere organizzate, si deve considerare che la manutenzione ordinaria può sempre essere decisa dall’amministratore nell’ambito dei poteri conferitigli dall’art. 1130 c.c., al n. 3, il quale prevede la possibilità di erogare le spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi comuni.

In altre parole le spese di manutenzione ordinaria e quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiedono la preventiva approvazione dall’assemblea dei condomini in quanto trattasi di esborsi ai quali l’amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell’assemblea.

Si deve considerare poi che qualora un’opera straordinaria abbia carattere urgente ed indifferibile, come prevede l’ultimo comma dell’art. 1135 c.c., rientra fra i poteri dell’amministratore disporne l’esecuzione (negli stretti limiti necessari a fronteggiare la situazione di emergenza), provvedendo all’erogazione della relativa spesa, salvo comunque il suo dovere di riferirne quanto prima all’assemblea.

Il meccanismo voluto dal legislatore è estremamente semplice, nel senso che lascia all’amministratore la valutazione sull’urgenza dell’intervento e, nello stesso tempo, gli impone di giustificare al più presto le sue decisioni ai condomini.

Queste considerazioni rendono evidente come, anche in epoca coronavirus, l’amministratore possa gestire la manutenzione dei beni e servizi condominiali.

Non si può negare, però, che, in assenza di una delibera dell’assemblea di approvazione del preventivo delle spese e di fissazione della relativa rateazione, con determinazione delle date di scadenza e delle quote di contributo a carico di ciascun condomino, sorga il problema di reperire le somme necessarie per fare fronte alle spese per la conduzione dei servizi indispensabili per la vita del condominio. A tale proposito l’unica operazione possibile sembra quella di richiedere ai condomini, nello spirito di reciproca collaborazione, l’anticipazione di somme determinate in modo provvisorio in attesa che l’assemblea possa riunirsi.

Naturalmente, per le rate non scadute il condomino dovrà continuare a corrispondere il dovuto anche in questo periodo. Nessuna disposizione prevede la sospensione del versamento delle rate condominiali, né peraltro è auspicabile o prevedibile un provvedimento normativo in tal senso, posto che si tratta di rapporti fra privati volti a garantire la gestione di beni comuni nell’interesse stesso dei soggetti che quelle somme sono tenuti a versare.

Riferimenti normativi:

DPCM 9 marzo 2020

DPCM 10 aprile 2020

 

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