Condominio: Chi risponde dei danni alle parti comuni in caso di incendio di un’auto in un garage condominiale?

Condominio: Chi risponde dei danni alle parti comuni in caso di incendio di un’auto in un garage condominiale?

Condominio:chi risponde dei danni alle parti comuni in caso di incendio di un’auto in un garage condominiale?

 

Quanto all’imputabilità del danno è pacifico che allorquando si configuri il rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c., inteso come relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, tale da consentire il “potere di governo”, solo l’oggettiva impossibilità di esercitare tale potere vale a escludere quel rapporto per gli effetti di cui alla norma predetta, che qualifica la responsabilità del custode come oggettiva salvo la prova del fortuito, da intendersi come fatto idoneo ad interrompere il nesso causale fra la cosa e l’evento produttivo del danno e da provarsi dal custode. Ed invero, in base alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. non solo la riconducibilità dell’incendio dell’autovettura ma addirittura anche la mancata individuazione della causa dell’incendio si riverbera in senso negativo sul proprietario-custode dell’autovettura, che risponde, quindi, dei danni cagionati ai terzi dalla cosa custodita. È quanto stabilito dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 743/2023 emessa in data 1 febbraio 2023.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi  

Cass. civ. sez. III, n.15779/2006

 

Cass. civ. sez. III, n. 25856/2017

Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Il caso

Trattasi di un giudizio di impugnazione avverso una sentenza di primo grado che ha riconosciuto la responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo a un condomino, convenuto in giudizio, ritenendo quest’ultimo l’unico e solo responsabile dell’incendio divampato all’interno del di lui garage del fabbricato condominiale, per i danni arrecati alle parti comuni dell’edificio, e lo ha condannato nei confronti dell’assicurazione, che agiva con azione di ripetizione, alla restituzione delle somme già liquidate da quest’ultima a titolo di indennizzo al condominio assicurato.

I motivi di impugnazione possono essere ricondotti a due sole censure ossia la non corretta applicazione dell’art. 2051 c.c. e l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie e possono essere esaminati congiuntamente.

Preliminarmente occorre rilevare, in diritto, che secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. deve configurarsi come forma di responsabilità a carattere oggettivo, integrata dalla sussistenza di due distinti presupposti individuati: da un lato, nella necessità che il soggetto la cui responsabilità si vuole affermare disponga di un effettivo potere fisico sulla cosa e, dall’altro, nella circostanza che la cosa abbia svolto un ruolo attivo nella causazione del danno.

I principi regolatori della materia di cui trattasi possono sintetizzarsi, secondo conforme orientamento giurisprudenziale, nei punti qui di seguito elencati:

  1. a) il rapporto di custodia

Il rapporto di custodia, in forza del quale il custode è ritenuto responsabile per ciò solo -in termini sostanzialmente oggettivi del danno causato dalla cosa- si sostanzia in una mera situazione di appartenenza della “res” a un determinato soggetto in via esclusiva. L’evento dannoso deve essere stato causato non già con la cosa ma dalla cosa (se, infatti, il danno deriva dall’attività umana e la cosa è mero strumento di essa trovano attuazione a seconda dei casi gli

artt. 2043 o

2050 c.c.), nel senso che il pregiudizio deve essere cagionato dal dinamismo connaturato alla “res” oppure dell’insorgere nella stessa di un agente dannoso.

  1. b) le varie sfaccettature della res:

Si è precisato in giurisprudenza che la responsabilità ex art. 2051 c.c. si può ravvisare:

1) non soltanto nei casi di cosa pericolosa per intrinseca dinamicità;

2) ma anche in relazione a cose inerti (si pensi ai danni da caduta da scale con gradini sdrucciolevoli o su pavimenti scivolosi o in ambienti scarsamente illuminati), prive di pericolo e non aventi alcuna dinamicità (danni da incendio o da infiltrazioni d’acqua provenienti da un immobile in cui è insorto un agente dannoso) (così 

Cass. 200/2002).

  1. c) il nesso eziologico tra cosa ed evento:

Sotto il profilo del nesso eziologico tra cosa ed evento dannoso, si è ritenuto che:

1) il nesso causale tra fatto della cosa ed evento di danno deve essere accertato secondo la teoria della “conditio sine qua non”, secondo cui è causa di un evento ogni singola condizione e cioè ogni antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe verificato, con la precisazione che: l’azione od omissione deve essere adeguata a determinare l’evento secondo l’id quod plerumque accidit;

2) il nesso di causalità nelle condotte omissive presuppone un giudizio controfattuale per verificare se, sostituendo in via ipotetica l’omissione con un’azione positiva contraria, l’evento non si sarebbe verificato con certezza o in modo altamente probabile;

  1. d) sull’imputabilità del danno e la prova liberatoria a carico del custode:

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quanto all’imputabilità del danno, che allorquando si configura il rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c., inteso come relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, tale da consentire il “potere di governo”, solo l’oggettiva impossibilità di esercitare tale potere vale a escludere quel rapporto per gli effetti di cui alla norma predetta, che qualifica la responsabilità del custode come oggettiva salvo la prova del fortuito, da intendersi come fatto idoneo ad interrompere il nesso causale fra la cosa e l’evento produttivo del danno e da provarsi dal custode.

Nello specifico, il “potere di governo” della cosa deve intendersi come il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. Il caso fortuito che esclude la responsabilità del custode va inteso in senso ampio, comprensivo del fatto del terzo (anche se rimasto ignoto) e del fatto dello stesso danneggiato, purché, come rappresentato, detto fatto sia dotato di autonomo impulso causale e sia per lo stesso custode imprevedibile ed inevitabile. La prova del fortuito (onere che incombe al custode) interrompe il nesso eziologico tra cosa ed evento. Il fortuito deve, pertanto, essere inteso come fatto capace di produrre autonomamente il danno assorbendo il nesso causale, la cui ricorrenza in concreto degli estremi costituisce il risultato di un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non sindacabile in cassazione se adeguatamente motivato.

  1. e) Sull’onere probatorio in capo al danneggiato

Giusta pronuncia della Cass. civ. sez. III, n. 25856 del 31/10/2017:

“ a)“in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato”;

  1. b)“ai sensi dell’ 2051c.c., allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito”.

In ordine alla responsabilità del sinistro ex art.2051 c.c. oggetto di commento

Ebbene, la corte territoriale ha ricondotto l’incendio alla vettura di proprietà dell’appellante, in difetto di qualsiasi riscontro in ordine a eventuali ipotesi di caso fortuito, e tale riconduzione è derivata dalla deposizione di un teste unitamente al contenuto della relazione dei Vigili del Fuoco intervenuti subito dopo.

Difatti, così motiva il Collegio sul punto: “circa la riconducibilità dell’incendio alla vettura di proprietà dell’appellante, non possono sorgere dubbi alla luce della deposizione resa dal teste…..che ha così dichiarato “ero presente quando la Sig.ra…., prima di entrare nel garage condominiale, interpellò me ed altre persone che si trovavano all’esterno del garage, chiedendo se sentivamo odore di bruciato provenire dalla sua vettura ed io assentii; la Sig.ra parcheggiò comunque la propria vettura nel suo posto macchina e si allontanò dicendo che avrebbe chiamato il marito; dopo alcuni minuti scese il marito, ma oramai la macchina aveva preso fuoco e io, con il marito e le altre due persone che erano presenti abbiamo cercato di comare le fiamme con gli estintori che si trovavano nel garage. Difatti dal verbale dei Vigili del fuoco intervenuti nell’immediatezza risulta che all’arrivo sul posto la situazione risultava la seguente: un’autovettura marca M. bruciava all’interno di un’autorimessa al primo piano interrato cosicché le origini dell’incendio, poi divampato nel garage, vanno sicuramente ascritte all’auto della … ”.

Il sillogismo giudiziale, basato sulla logica deduttiva, a sua volta correlata alla logica dimostrativa e alla funzione dimostrativa della prova, è corretto.

Difatti, sul punto, ancora argomenta la Corte: “Ancorché i Vigili abbiano dichiarato di non essere in grado di accertare la natura del sinistro, l’incertezza è evidentemente riferita alle ragioni per cui la macchina ha preso fuoco, ferma restando la sicura verificazione dell’accadimento”.

Ed invero, in base alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. non solo la riconducibilità dell’incendio dell’autovettura ma addirittura anche la mancata individuazione della causa dell’incendio si riverbera in senso negativo sul proprietario-custode dell’autovettura, che risponde quindi dei danni cagionati ai terzi dalla cosa custodita.

Da quanto precede discende che correttamente la Corte Territoriale ha rigettato l’appello, in quanto il decisum del tribunalecontrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, ha fatto buon governo dei principi statuiti dai giudici di legittimità in merito all’ambito di applicazione dell’art. 2051 c.c., il quale recita: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Riferimenti normativi:

Art. 2051 c.c.