Appalti: Consiglio di Stato,lecita la partecipazione di una società in house se rispetta i requisiti
L’eventuale situazione irregolare in cui si trova la società in house non determina la perdita della sua capacità di partecipare a gare pubbliche, trattandosi di una vera e propria sanzione che come tale dovrebbe essere tipica ed espressa, poiché non è neppure prevista dal Codice dei contratti pubblici. Lo stabilisce il Consiglio di Stato con la sentenza n. 444, del 20 gennaio 2020.
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 444, del 20 gennaio 2020, nel respingere il ricorso di una società per azioni nei confronti dell’aggiudicazione effettuata da una stazione appaltante a favore di una società in house interamente a partecipazione pubblica, ha affermato che il superamento del limite per attività diversa da quella prevalente da parte della stessa società in house, non la esclude dal partecipare alla gara.
Il contenzioso amministrativo
Una società per azioni a capitale interamente pubblico partecipata da numerosi comuni operante nella gestione del ciclo dei rifiuti e del servizio di igiene urbana, con esclusione del servizio di trattamento meccanico-biologico dell’indifferenziata, indiceva con bando dell’aprile 2018 una gara per l’affidamento a terzi di durata annuale di tale ultimo servizio a favore di alcuni comuni soci.
Una SPA impugnava con autonomi ricorsi proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale, l’ammissione alla procedura dell’altra partecipante alla gara, una società pubblica interamente detenuta da enti locali ricadenti nel territorio della regione e l’aggiudicazione della gara intervenuta a favore della medesima, chiedendone l’annullamento e domandando anche il risarcimento del danno.
Il Tar respingeva il ricorso proposto dalla società avverso l’aggiudicazione, ritenendo infondate sia le censure formulate in via derivata che quelle rivolte avverso l’utilizzo del criterio del minor prezzo e della formula correttiva fondata sul costo del trasporto, anziché di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa; condannava la società alle spese di giudizio in favore di entrambe le parti resistenti.
La società, avverso la sentenza sfavorevole, ha proposto appello al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
Relativamente al motivo di ricorso che interessa il presente commento la SPA ricorrente evidenzia che la società in house (aggiudicataria del servizio) per l’erogazione di servizi pubblici locali e come tale tenuta al rispetto dell’art. 16, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (secondo cui “Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci”), ha sostenuto che il rispetto di tale soglia sia requisito soggettivo da cui dipende la stessa capacità di partecipazione della società in house alle gare competitive del mercato esterno e che di tale requisito esse ne sia priva : i servizi analoghi dell’ultimo triennio del disciplinare da essa dichiarati svolti in favore di un’altra società non avrebbero potuto essere utili ai fini di partecipazione alla gara, in quanto i bilanci della società in house attesterebbero che nel periodo il 2010 e il 2016 l’incidenza percentuale dei servizi prestati verso terzi sul valore totale della produzione è pari al 41,13% ed, inoltre, questi servizi sarebbero conseguenza di un affidamento diretto.
Per il Consiglio di Stato la censura è da respingere.
Il citato art. 16, del d.lgs. n. 175/2016, in conformità alla direttiva UE 2014/23, ha lo scopo di assicurare che il funzionamento della società in house sia improntato ad una regola interna in grado di conformarne l’operatività.
Senonché tale regola non viene in rilievo nel caso di specie nel quale non si contesta ovvero non è controversa la legittimità di un affidamento diretto di un appalto ad una società pubblica in house, quanto piuttosto , secondo il Consiglio di Stato, si ritiene che i servizi effettivamente svolti dalla società in house non sarebbero utilizzabili proprio da quella società in house per partecipare ad una procedura aperta indetta da un’altra amministrazione a causa della presunta violazione del limite di operatività fissato dal predetto articolo.
Al riguardo deve osservarsi, per un verso, le conseguenze dell’eventuale situazione irregolare in cui si trova la società in house non determina la perdita della sua capacità di partecipare a gare pubbliche, trattandosi di una vera e propria sanzione che come tale dovrebbe essere tipica ed espressa, mentre non è neppure prevista dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016: l’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016 qualifica , infatti, il mancato rispetto del predetto limite quantitativo in termini di grave irregolarità, che, in quanto tale, può essere oggetto di denunzia degli amministratori dinanzi al tribunale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2409 Cod. civ., e di valutazione nell’ambito delle attività di monitoraggio, indirizzo e coordinamento delle società in house di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze; inoltre essa è suscettibile di essere sanata dalla società in house ai sensi del successivo comma 5, optando tra la rinunzia a una parte dei rapporti con soggetti terzi e conseguente scioglimento dei relativi contratti , sicché i contratti con i terzi eccedenti il limite di legge non possono dirsi neanche affetti, a monte, da nullità, e la rinunzia agli affidamenti diretti da parte dell’ente o degli enti pubblici soci.
In definitiva, come correttamente ritenuto dal tribunale, la prospettazione della società ricorrente non è idonea a fondare l’invalidità della partecipazione alla gara da parte della società in house.
Per completezza è da aggiungere che tale conclusione non si pone in contrasto con il parere n. 968/2016 reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato sul d.lgs. n. 175/2016 e con la deliberazione ANAC 15 febbraio 2017, relativa al registro delle società in house di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 50/2016: infatti, anche per tali atti l’eventuale superamento del limite di cui trattasi non impatta con gli affidamenti extra moenia. In particolare, alla luce della deliberazione ANAC, il provvedimento di cancellazione della società da tale registro per l’ipotesi del superamento del limite determina che “dalla data di cancellazione dall’Elenco, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore non può effettuare nuovi affidamenti diretti in favore dello specifico organismo in house” (paragrafo 8.8). Nulla muta considerando la successiva previsione secondo cui ANAC può indicare “il termine e la possibilità di impugnazione innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa” (paragrafo 8.7): il riferimento, da rapportarsi al potere di impugnativa ANAC di cui all’art. 211, comma 1-bis e 1-ter del Codice dei contratti pubblici, chiarisce semmai che i rapporti extra moenia della società in house sono suscettibili di scrutinio in via di legittimità e non di nullità, come del resto emerge dal già richiamato art. 16, comma 5, del d.lgs. n. 175/2016. Ancora, la rinuncia da parte della società ai rapporti extra moenia per mantenere la sua natura in house, che è, come visto, una delle due opzioni previste per la sanatoria dell’irregolarità in parola dall’art. 16, comma 5, del d.lgs. n. 175/2016, resta una opzione, e non potrebbe essere diversamente, anche alla luce della relativa contestazione da parte di ANAC (paragrafo 8.4: il soggetto interessato “può” impegnarsi a eliminare la causa ostativa all’iscrizione nel termine massimo di 60 giorni), sicché la ricostruzione della società ricorrente è affetta da un palese salto logico laddove afferma che, nell’ipotesi, la società in house sarebbe (“indirettamente”) costretta a rinunciare a tali rapporti per mantenere la sua natura, scelta quest’ultima che invece consegue solo e unicamente alla ben precisa determinazione della società di mantenere gli affidamenti diretti.
Il Consiglio di Stato respinge il ricorso ma compensa tra le parti le spese di giudizio.
Riferimento normativi
Art. 16, d.lgs. n. 175 del 2016
Art. 192, d.lgs. n. 50/2016 (codice dei contratti pubblici)
Deliberazione ANAC 15 febbraio 2017
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 20 gennaio 2020, n. 444