Correva l’anno 1901 quando l’austriaco Ludwig Hatschek, brevettò il marchio di fibrocemento chiamato Eternit ispirandosi alla parola latina aeternitas che significa “eternità”, ad indicare l’elevata resistenza del materiale.
A partire dagli anni ’30 e fino al 1994 questo materiale è stato ampiamente utilizzato in edilizia sebbene già dagli inizi degli anni ’60 fosse iniziata ad emergere consapevolezza, sempre più diffusa a livello scientifico, della pericolosità per la salute umana della polvere di amianto sprigionata dall’usura dei tetti. Oggi è scientificamente provato che l’Eternit è in grado di causare il mesotelioma pleurico, una forma molto grave e aggressiva di tumore, ma anche l’asbestosi, una malattia polmonare.
A partire dal 1992 oltre al divieto di utilizzo nelle nuove costruzioni vi è un obbligo di rimozione dei siti preesistenti; ai sensi dell’art. 12, comma 3, della legge 257/1992, il costo delle operazioni di rimozione dell’amianto è carico dei proprietari dell’immobile.
Il semplice detentore del bene (locatario o affittuario) ha una semplice responsabilità di denuncia, i costi della rimozione gravano sempre, in ultima analisi sul proprietario e il detentore può essere obbligato in prima battuta, salvo obbligo di rivalsa, alla rimozione dell’amianto solo quando lo stato di quest’ultimo rappresenti un pericolo per la popolazione.
La violazione di un ordine di rimozione dell’amianto impartito dall’autorità pubblica implica un reato punto con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. Restano salve le ulteriori sanzioni previste dalle norme ambientali.
Ai sensi del DM 06/09/1994 l’amministratore di condominio, invece, è tenuto a individuare la presenza di materiali contenenti amianto in un edificio. L’obbligo di bonifica però scatta solo a seguito di una valutazione del rischio (che grava sempre sull’amministratore) al fine di individuare le azioni possibili. A tal fine l’amministratore non necessita di un previo mandato della delibera assembleare trattandosi di un dovere che discende direttamente dalla Legge n. 257/1992.
L’amministratore di condominio può incorrere in sanzioni amministrative per non aver segnalato la presenza di amianto e sanzioni penali non aver proceduto allo smaltimento. Egli infatti è responsabile della struttura amministrata.
A tal fine l’amministratore deve conferire mandato a un tecnico che effettui un sopralluogo e rediga una perizia in cui attesti la pericolosità del luogo.
La giurisprudenza si è poi pronunciata su un altro aspetto non meno rilevante. Posto che la normativa del 1992 vieta la vendita e l’utilizzo dell’Eternit, quid iuris nel caso in cui si scopra dopo il contratto di vendita di un immobile la presenza di amianto?
Nella sentenza n. 15742 23/06/2017 la Cassazione civile, sez. II ha stabilito che se l’acquirente di un immobile si accorge della presenza di amianto dopo il compromesso, quest’ultimo risulta comunque valido. Dopo aver stipulato un contratto preliminare di compravendita, il compratore ha scoperto che la copertura era realizzata in Eternit. Per questo motivo ha richiesto la risoluzione del contratto. I giudici però hanno dato ragione al venditore affermando che questo non è possibile se l’immobile è comunque abitabile e privo di un pericolo effettivo. La legge n 257/92 infatti vieta la vendita e l’utilizzo dell’Eternit, ma non prevede la sua rimozione nelle costruzioni già presenti al momento dell’entrata in vigore della norma. La Cassazione ha però sottolineato la possibilità di richiedere una riduzione del prezzo di vendita in base anche alla specifica pericolosità dell’Eternit presente. In questo caso è necessario richiedere l’intervento dell’Arpa.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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