In caso di colpa del progettista o del direttore dei lavori, l’appaltatore è sempre responsabile?
L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio obbligo di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli è tenuto a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente , può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle quale “nudus minister”, per le insistenze del committente. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter ínvocare un concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. É quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza 22 giugno 2021, n. 17819.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI: | |
Conformi: | Cass. n. 3520/1997
Cass. n. 1981/2016 |
Difformi: | Non si rinvengono precedenti |
La Corte di appello di Brescia ha, in modo del tutto superficiale, escluso il coinvolgimento dell’appaltatrice nel controllo delle attività del progettista e del direttore dei lavori sul presupposto di una estraneità alla sue specifiche competenze delle conoscenze necessarie a valutare la correttezza dell’operato delle due citate figure professionali.
È, peraltro, risultato dagli atti del giudizio che le ditte a cui erano stati appaltati i lavori non avevano manifestato alcun dissenso rispetto ad alcuna soluzione progettuale od esecutiva, mentre si erano manifestati obiettivamente vari difetti durante l’esecuzione dei lavori.
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha osservato che, ravvisando l’esclusione di responsabilità in capo all’appaltatore, la Corte di appello ha disatteso l’univoco indirizzo della giurisprudenza secondo cui, in tema di contra di appalto, la diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, impone all’appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l’opera regola d’arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente e o obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicché, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l’appaltatore risponde dei vizi dell’opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientrano nella sua prestazione ; mentre è esente da responsabilità ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l’appaltatore a proprio mero “nudus minister”, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico.
Pertanto, in difetto di qualsiasi manifestazione di volontà dei committenti e non avendo gli appaltatori espresso alcun dissenso rispetto a nessuna soluzione progettuale od esecutiva, questi ultimi, nel procedere alla realizzazione del progetto, avrebbero dovuto comunque attivarsi per evitare di eseguire un’opera caratterizzata da numerosi difetti accertati in sede di c,t,u, e che. In quanto tale, avrebbe potuto comportare il mancato conseguimento del risultato obiettivizzato nel contratto di appalto e, quindi, la possibile dichiarazione risoluzione dello stesso per effetto della gravità dell’inadempimento imputabile – direttamente agli appaltatori, che – si badi – sussiste anche nell’eventualità in cui si sia venuto a configurare un errore progettuale consistente nella mancata previsione di accorgimenti o manufatti necessari per rendere le opere appaltate tecnicamente valide e funzionali rispetto alle esigenze dei committenti.
Pertanto, il primo motivo deve essere considerato fondato non essendosi attenuta la Corte bresciana al principio in base al quale, in ipotesi di responsabilità per vizi dell’opera, l’appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell’arte e, in caso di loro violazione, è responsabile delle relative conseguenze, con il conseguente obbligo risarcitorio, il quale non viene meno neppure in caso di possibili vizi imputabili ad errori del progettista o del direttore, se egli, accortosi dei vizi, non li abbia tempestivamente denunziati al committente manifestando il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto, come verificatosi nel caso di specie.
Esito:
Cassa con rinvio la sentenza della Corte di appello di Brescia (depositata il 20 aprile 2015)
Riferimenti normativi:
Art. 1176 c.c.
Cassazione civile, sez. II, ordinanza 22 giugno 2021, n. 17819