Infortuni sul lavoro: senza colpa il CSE tenuto all’oscuro delle violazioni del piano operativo

Infortuni sul lavoro: senza colpa il CSE tenuto all’oscuro delle violazioni del piano operativo

Infortuni sul lavoro: senza colpa il CSE tenuto all’oscuro delle violazioni del piano operativo

Qualora l’appaltatore predisponga il piano operativo di sicurezza dichiarando di essere l’unica impresa ad occuparsi dei lavori e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (C.S.E.) si premuri di redigere un documento che obbliga l’appaltatrice ad informarlo dell’eventuale presenza in cantiere di altre imprese, quest’ultimo non risponde dell’infortunio dell’operaio laddove la società tenga all’oscuro il C.S.E. dell’incarico conferito a terzi; avendo la società agito in violazione delle prescrizioni del C.S.E., che, se prontamente avvisato, avrebbe potuto verificare la necessità dell’attività del coordinamento, imponendo le condizioni per assicurare la messa in sicurezza delle attività. (Cass. pen., sent. 29 luglio 2019, n. 34398)

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. 5/10/2017, n. 45862

Cass. pen. 24/05/2016, n. 27165

Cass. pen. 13/5/2016 n. 20068

Cass. pen. 26/5/2015 n. 22032

Difformi Non si rinvengono precedenti

Il fatto e i primi gradi di giudizio

Un operaio dipendente di una società di costruzioni si infortuna presso un cantiere ove opera la stessa.

Il lavoratore, con mansioni di muratore, aveva ricevuto l’incarico da Tizio, legale rappresentante della società datrice di lavoro di coadiuvare Caio, installatore e manutentore di gru da cantiere, titolare di autonoma ditta individuale, nelle operazioni di smontaggio e trasporto presso altro cantiere della gru che si trovava lì installata.

Mentre l’operaio si trovava con le spalle verso la gru – che nel frattempo era stata caricata su un carrello – addetto ad altro compito che gli era stato richiesto, la pala meccanica spingeva detto carrello e con esso la gru, che andava a colpire alle spalle il lavoratore. Cadendo, il piede di questi veniva schiacciato dalla ruota del carrello.

In primo grado il Tribunale condannava i summenzionati Tizio e Caio, oltre Sempronio (il conducente della pala meccanica) e Mevio (coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione delle opere presso il cantiere) per i reati di cui agli artt. 113, 590, c. 3, c.p., per aver cagionato al lavoratore, per colpa generica e specifica, lesioni personali gravi.

Veniva contestata:

– a Tizio la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008 (di seguito per brevità, T.u.), art. 97, comma 3, per non avere coordinato preventivamente le operazioni interferenti che dovevano eseguire gli operatori delle varie ditte interessate per lo spostamento in altro luogo della gru installata nel cantiere; nonché di non avere impartito istruzioni precise sulla concreta attività lavorativa da svolgere al dipendente, privo di formazione specifica;

– a Caio la violazione del T.u., art. 21, per avere disatteso le indicazioni fornite dal costruttore della gru, che ne vietano il trasporto o il traino su di una pubblica via con mezzi non abilitati e avere dato a Sempronio disposizioni di mettere in movimento il convoglio senza adeguatamente controllare che non vi fossero terzi in condizioni di pericolo;

– a Sempronio la violazione del T.u., art. 21, per avere utilizzato come mezzo di traino della gru una pala meccanica gommata inidonea al trasporto, sia in termini di tipologia che di peso; nonché di essere stato imprudente avendo iniziato il movimento del convoglio, pur in assenza di idonea visuale;

– a Mevio la violazione del T.u., art. 92, per non aver organizzato tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività, nonché la loro reciproca informazione. Inoltre, pur consapevole della presenza della gru nel cantiere e, quindi della necessità del relativo smontaggio e trasporto, gli era addebitato di non avere previsto le modalità di rimozione della gru.

In appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, Sempronio veniva assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato (in quanto egli aveva avviato il mezzo solo dopo aver ricevuto il relativo comando da Caio, il quale era deputato a verificare la sussistenza di situazioni di pericolo); mentre gli altri tre imputati si vedevano le pene ridotte.

Costoro, quindi, impugnavano la decisione della Corte territoriale con tre distinti ricorsi per Cassazione.

La figura del coordinatore per l’esecuzione dei lavori

Per completezza, prima di passare all’analisi delle doglianze, è opportuno premettere un breve inquadramento su tale figura.

Il committente (o, se nominato, il responsabile dei lavori) ha l’obbligo di nominare i coordinatori per la sicurezza, figure chiamate in prima linea a disinnescare i rischi interferenziali dovuti alla compresenza di più imprese nel medesimo luogo di lavoro.

Essi si distinguono in coordinatore per la progettazione (C.P.) e coordinatore per l’esecuzione dei lavori (C.E.). Al primo spetta la redazione del piano di sicurezza e coordinamento e del fascicolo dell’opera, al secondo compete la verifica sul rispetto da parte delle imprese affidatarie degli obblighi antinfortunistici di loro spettanza.

Il C.P. viene designato contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione (art. 90, c. 3, T.u.). Il C.E. invece è designato prima dell’affidamento dei lavori se è già prevista la presenza di più imprese esecutrici (art. 90, c. 4, T.u.), altrimenti, in caso di compresenza “sopravvenuta”, si deve provvedere alla nomina dopo l’affidamento a un’unica impresa, se l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia in seguito affidata a più imprese (art. 90, c. 5, T.u.).

Se sono in possesso dei requisiti richiesti dalla legge (di cui all’art. 98, T.u.) per poter rivestire tali qualifiche (che attestano titoli di studio, esperienza nel settore e formazione in materia di sicurezza), il committente o il responsabile dei lavori hanno la facoltà di auto-designarsi sia coordinatore per la progettazione, sia coordinatore per l’esecuzione (art. 90 c. 6, T.u.) e, se precedentemente nominati, hanno la facoltà di sostituirli in un secondo momento (art. 90, c. 8, T.u.).

Il committente (o il responsabile dei lavori) deve comunicare alle imprese affidatarie, alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. In più, tali nominativi devono essere indicati nel cartello di cantiere (art. 90, c. 7, T.u.).

L’art. 93, c. 2, T.u. stabilisce che «La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) d) ed e)», di cui la ratio è voler mantenere in capo al committente o al responsabile dei lavori un dovere di controllo sull’operato dei due soggetti designati.

Se il coordinatore per la progettazione è chiamato a “progettare la sicurezza” in una fase statica, il coordinatore per l’esecuzione entra in gioco nella seconda fase, quella dinamica, quando il rischio interferenziale muta con l’evolversi del cantiere.

Gli obblighi del C.E. sono individuati all’art. 92 T.u. e possono essere così raggruppati:

1) controllo sulla persistente idoneità dei documenti di programmazione della sicurezza e sulla loro attuazione da parte delle imprese affidatarie;

2) coordinamento dei datori di lavoro e dei rappresentanti per la sicurezza;

3) vigilanza e segnalazione di violazioni.

Esula dal controllo del C.E. la prevenzione dei rischi specifici delle singole imprese (oggetto del Piano operativa di sicurezza, P.O.S.), essendo la sua attività limitata alla prevenzione del rischio interferenziale. Ciò posto, la legge richiede comunque al coordinatore per l’esecuzione di prendere in esame il P.O.S. al fine di valutarne la coerenza con il Piano di sicurezza e coordinamento, redatto dal C.P.

I motivi del ricorso

Mevio, coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, affida il proprio ricorso a tre motivi.

Con il primo motivo lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione al D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, in relazione al contenuto della posizione di garanzia prevista per il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.

Rappresenta che, nonostante il P.O.S redatto dalla società appaltatrice prevedesse che il trasporto delle attrezzature e dei materiali necessari per l’esecuzione delle opere fosse di esclusiva competenza della predetta società, egli si era premurato comunque di redigere un documento nel quale stabiliva che qualsiasi subappalto a ditte terze dovesse essergli comunicato con un preavviso di cinque giorni.

Con il secondo motivo lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 113 c.p. nonché il vizio motivazionale in relazione alla ricostruzione del nesso causale e all’omessa valutazione dell’apporto causale dell’infortunato.

Con il terzo motivo lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 43 c.p. in relazione all’art. 113 c.p. nonché il vizio motivazionale

Si omette l’esame dei motivi esposti da Tizio e Caio, in quanto la Corte riterrà i due ricorsi inammissibili per genericità e manifesta infondatezza.

La decisione della Corte

Per la Suprema Corte dagli elementi di fatto evidenziati nelle sentenze di merito non è ravvisabile in capo a Mevio, coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, alcuna responsabilità in relazione al reato addebitato.

Risulta infatti comprovato che:

– la società appaltatrice avesse predisposto il piano operativo di sicurezza dichiarando di essere l’unica impresa ad occuparsi del trasporto delle attrezzature e dei materiali necessari per l’esecuzione delle opere;

– Mevio si fosse premurato di redigere un documento che obbligava l’appaltatrice ad informarlo dell’eventuale presenza in cantiere di altre imprese;

– la società non avesse comunicato alcunché circa l’incarico conferito a Caio e in modo del tutto autonomo avesse deciso di smontare la gru e procedere al relativo trasporto presso altro cantiere avvalendosi dell’impresa individuale facente capo al medesimo, il quale, a sua volta, avesse deliberato di eseguire il trasporto attraverso l’ausilio di Sempronio.

Per tali ragioni si ritiene che Tizio avesse agito in violazione delle prescrizioni predisposte dal coordinatore per la sicurezza per l’esecuzione che, se prontamente avvisato, avrebbe potuto verificare la necessità dell’attività del coordinamento, imponendo le condizioni per assicurare la messa in sicurezza delle attività inerenti allo smontaggio e al trasporto della gru.

Inoltre, per la Cassazione, la sentenza impugnata omette di indicare, sul piano causale, quale sia stato l’apporto di Mevio alla realizzazione dell’evento lesivo.

La sentenza impugnata viene quindi annullata senza rinvio nei suoi confronti per non aver commesso il fatto.

I precedenti

La sentenza in commento si inserisce nel costante filone di pronunce di legittimità che hanno statuito che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è titolare di una autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dall’art. 92 del D.Lgs. n. 81/2008, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche. La funzione di “alta vigilanza”, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto, quindi, quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi affidati al controllo del datore di lavoro. Nonostante non si possa ricondurre a tale figura l’obbligo di controllare costantemente tutte le attività lavorative che vengono effettuate nel cantiere, la responsabilità penale può però sorgere laddove siano presenti carenze organizzative immediatamente percepibili oppure qualora le procedure delle lavorazioni non siano coerenti con il Piano di sicurezza e coordinamento (PSC).

Cassazione penale, sezione IV, sentenza 29 luglio 2019, n. 34398

 

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