L’incubo di ogni proprietario di immobile in affitto è sostanzialmente l’inquilino moroso. Una situazione molto diffusa che genera non solo un danno economico, ma anche stress e preoccupazioni. In questi casi parte la ricerca di soluzioni alternative per tutelarsi in anticipo. Non pochi locatori chiedono di poter vedere la busta paga dell’aspirante conduttore o la sua dichiarazione dei redditi, al fine di valutarne la solvibilità. Altri invece preferiscono una “doppia firma” sul contratto in modo da avere un terzo garante. Una delle opzioni che spesso viene presa in considerazione è quella di coinvolgere il datore di lavoro dell’inquilino, magari facendosi versare l’affitto direttamente dalla busta paga. Ma è davvero possibile? Quali sono i limiti e le tutele previste dalla legge?
Esiste una opportunità che il locatore può sfruttare, che è quella di richiedere i fitti arretrati direttamente al datore di lavoro dell’inquilino moroso. Vediamo in che modo.
Chiarisco subito che non esiste una disposizione che consenta al locatore di accordarsi direttamente con il datore di lavoro dell’inquilino per trattenere il canone di locazione dalla busta paga di quest’ultimo senza il suo consenso.
Del resto, coinvolgere il datore di lavoro dell’inquilino nel pagamento del canone potrebbe violare la normativa sulla protezione dei dati personali (Regolamento UE 2016/679 – GDPR), in quanto comporta la comunicazione di informazioni relative al rapporto contrattuale tra locatore e conduttore a terzi non autorizzati. Tuttavia, prima di adire le vie legali, in presenza di alcune circostanze relative alla condizioni delle parti, è possibile proporre all’inquilino di sottoscrivere un accordo scritto in cui autorizza il datore di lavoro a trattenere dalla busta paga l’importo del canone e a versarlo direttamente al locatore. Tale accordo deve essere volontario e firmato da tutte e tre le parti coinvolte.
Il contratto che le parti potrebbero andare a stipulare potrà avere tre diverse forme:
- delegazione di pagamento (art. 1269 cod. civ.): in questo caso, l’inquilino delega il suo datore di lavoro a effettuare il pagamento dell’affitto al locatore. In questa situazione, è fondamentale il consenso di tutte le parti;
- accollo del debito (art. 1273 cod. civ.): in pratica, il datore di lavoro si assume l’obbligo di pagare l’affitto al posto dell’inquilino. Per rendere valido questo accordo, è necessario il consenso di tutte le parti coinvolte: locatore, inquilino e datore di lavoro. Il locatore, accettando, rende definitivo l’accordo. L’adesione del creditore comporta liberazione del debitore originario solo se ciò costituisca condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiari espressamente di liberarlo. Se invece non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido con il terzo;
- patti di collaborazione tra contraenti per l’esecuzione delle obbligazioni. Si tratta di accordi che si inseriscono nell’ambito di un contratto, con lo scopo di facilitare l’adempimento delle obbligazioni reciproche attraverso la cooperazione tra le parti. Questi patti si fondano sui principi di buona fede e correttezza, che permeano l’intero ordinamento giuridico e sono espressamente previsti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile. I patti di collaborazione tra contraenti possono assumere diverse forme, a seconda delle esigenze specifiche del rapporto contrattuale. Possono prevedere, ad esempio, modalità di comunicazione tra le parti, procedure per la risoluzione di eventuali problemi nell’esecuzione delle prestazioni, o impegni reciproci per ottimizzare l’adempimento delle obbligazioni. Questi patti non solo facilitano l’esecuzione del contratto, ma contribuiscono anche a prevenire conflitti e a garantire una maggiore efficienza nel raggiungimento degli obiettivi contrattuali. Dal punto di vista giuridico, i patti di collaborazione sono espressione dell’autonomia contrattuale delle parti, riconosciuta dall’articolo 1322 del Codice Civile, che consente loro di determinare liberamente il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Inoltre, la violazione dei doveri di collaborazione può costituire un inadempimento contrattuale, con le relative conseguenze in termini di responsabilità e risarcimento del danno.
Resta comunque il fatto che, senza il consenso dell’inquilino debitore, non può aver luogo l’accollo, né la delegazione, né altro.
In caso di mancato accordo. E’ chiaro che, se le parti non riescono a trovare un accordo e l’inquilino è sempre moroso, il locatore può rivolgersi al giudice e chiedere:
- lo sfratto dopo un ritardo di almeno 20 giorni anche nel pagamento di un singolo canone;
- un decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento dei canoni di locazione arretrati.
Avv. Barbara De Lorenzis “
STUDIO LEGALE AVV. BARBARA DE LORENZIS
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