Abusivismo edilizio,acquisizione al patrimonio comunale?Quando?

La ratio sottesa alla fattispecie acquisitiva al patrimonio comunale di cui all’art. 31, III, D.P.R. n. 380/2001 è quella di sanzionare non già l’abuso edilizio in sé considerato bensì l’inottemperanza all’ordine demolitorio entro il termine all’uopo previsto dallo stesso comma 3, pari a novanta giorni. Lo stabilisce il Tar Lazio, sez. II quater, sentenza 23 marzo 2021, n. 3529.

 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi: Tar Campania, Napoli sez. II, 1 febbraio 2021, n. 674

Tar Puglia, Lecce sez. I, 8 gennaio 2021, n. 14

Difformi: Non si rinvengono precedenti

Il fatto

Il Tar Lazio-Roma, adito per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione avente ad oggetto alcune opere edilizie abusive, ha modo si soffermarsi, tra l’altro, sul provvedimento di acquisizioni al patrimonio comunale ex art. 31, III, D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia).

La decisione del Tar Lazio-Roma

Può affermarsi, in punto di diritto, come l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di cui all’art. 31 del citato T.U., avente ad oggetto non solo il bene e la relativa area di sedime, ma anche l’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, rappresenti un’automatica e doverosa conseguenza dell’inottemperanza all’ordine demolitorio dell’opera abusiva.

L’art. 31 in esame prescrive che i procedimenti repressivi in materia edilizia, che come noto possono culminare con l’atto di acquisizione della proprietà privata al patrimonio comunale, devono seguire una corretta scansione procedimentale, che consenta al privato di adempiere correttamente al provvedimento demolitorio al fine di evitare l’estrema conseguenza della perdita della proprietà.

Tale scansione procedimentale, anche in base ad un costante orientamento giurisprudenziale, è costituita:

– dal provvedimento di demolizione, con cui viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;

– dall’accertamento della inottemperanza alla demolizione tramite un verbale ad hoc;

– dall’atto di acquisizione al patrimonio comunale che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione dell’acquisto della proprietà in capo al Comune.

In particolare, tale atto deve individuare il bene oggetto di acquisizione e la relativa area di sedime, nonché l’eventuale area ulteriore, nei limiti insuperabili del decuplo della superficie abusiva, la cui ulteriore acquisizione deve essere specificamente motivata con riferimento alle norme urbanistiche vigenti.

Precisamente si afferma che: “qualora il Comune disponga ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva, tale acquisizione – in assenza di motivazioni che ne giustifichino l’estensione ad un’area ulteriore – debba essere limitata all’area su cui insistono le sole opere abusive e non all’intera e più ampia area in cui tali opere sono ricomprese, in quanto l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione solo con riguardo all’area di su cui poggia l’opera abusiva (cfr. Tar Campania, Napoli sez. VII, n. 4259/2011 e sez. VI, n. 4336/2005, Tar Sicilia – Catania, Sez. I, n. 2268/2016)” (Tar Campania, Napoli sez. II, 1 febbraio 2021, n. 674).

In tale prospettiva la giurisprudenza in materia ha costantemente ribadito che l’amministrazione procedente è tenuta ad indicare puntualmente, nell’atto di acquisizione, la classificazione urbanistica ed il relativo regime per l’area oggetto dell’abuso edilizio e quindi sviluppare (in base agli indici di fabbricabilità, territoriale o fondiaria, conseguentemente applicabili) il calcolo della superficie occorrente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, disponendone comunque l’acquisizione – laddove dovesse risultare una superficie superiore – nel limite massimo del decuplo dell’area di sedime (Tar Campania, Napoli sez. II, 26 gennaio 2021, n. 540).

La sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di remissione in pristino, pur se definita come una conseguenza di diritto dall’art. 31, comma 3, cit., richiede, infatti, un provvedimento amministrativo che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell’area sottratta al privato.

Il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari è costituito dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, ma per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale e dichiarativo delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, ma solo il formale accertamento, che faccia proprio l’esito del verbale e che costituisca, quindi, il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate.

Tale provvedimento necessita che in esso siano esattamente individuate -ed elencate- le opere e le relative pertinenze urbanistiche dal momento che costituisce titolo per l’immissione in possesso dell’opera e per la trascrizione nei registri immobiliari (Cons. stato sez. V, 15 luglio 2013, n. 3834; Cons. stato sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097; v. da ultimo Tar Puglia, Lecce sez. I, 8 gennaio 2021, n. 14).

Quando poi su tale sequenza procedimentale intervenga la presentazione della domanda di condono, per costante giurisprudenza, sulla base della disposizione dell’art. 44 Legge n. 47 del 1985 (richiamata dall’art. 39 L. n. 724 del 1994), il procedimento repressivo edilizio subisce un arresto, sorgendo l’obbligo del Comune di esaminare tale domanda prima di ogni altro provvedimento repressivo (in materia edilizia), con la conseguenza della perdita di efficacia dell’eventuale provvedimento di demolizione già adottato (e della improcedibilità delle eventuali impugnazioni ad esso rivolte per sopravvenuta carenza di interesse) dovendo essere adottato un nuovo provvedimento di demolizione successivamente all’esame negativo della domanda di condono (Cons. stato sez. IV, 26 marzo 2013 n. 1714; Cons. stato sez. V, 23 giugno 2014, n. 3143).

La sopravvenuta formazione di un nuovo provvedimento di rigetto del condono comporta, quindi, il dovere per l’Amministrazione comunale di emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi (Cons. Stato sez. IV, 29 novembre 2019, n. 8159; Cons. stato sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2623; Cons. stato sez. VI, 8 aprile 2016, n. 1393; Cons. stato sez. VI, 9 aprile 2013 n. 1909; Cons. stato sez. III 15 gennaio 2019, n. 386).

La giurisprudenza ha affermato, ancora, che l’impugnativa del provvedimento di acquisizione gratuita, non preceduta dalla tempestiva impugnazione dell’ordinanza di demolizione relativa ad opere abusive, comporta che non possano essere denunciati eventuali vizi di tale atto presupposto in sede di gravame avverso l’atto applicativo che lo richiami, con l’effetto che, in tali casi di mancata impugnazione dell’ordine di riduzione in pristino, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale della costruzione abusiva e dell’area di sedime, a meno che non si facciano valere vizi propri della misura acquisitiva (Tar Lazio, Latina sez. I, 11 novembre 2019, n. 665; Tar Campania, Napoli sez. III, 4 febbraio 2019 n. 608; Tar Umbria sez. I, 9 aprile 2018, n. 198).

Infine, si consideri che, per principio generale in materia di responsabilità amministrativa per abusi edilizi, mentre l’ordine di demolizione (o la sanzione alternativa ex art. 34 D.P.R. n. 380/2001), può essere adottato nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell’abuso, tanto non vale per l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area sulla quale insiste l’opera abusiva che non può disporsi nei confronti del proprietario non responsabile dell’abuso (Cons. stato sez. II, 5 novembre 2019, n. 7535).

Riferimenti normativi:

D.P.R. n. 380/2001

Tar Lazio, sez. II quater, sentenza 23 marzo 2021, n. 3529

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