Appalti: rito superaccelerato e decorso dei termini per impugnare

Appalti: rito superaccelerato e decorso dei termini per impugnare

Appalti: rito superaccelerato e decorso dei termini per impugnare

La normativa europea in materia di appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un ricorso principale inteso a ottenere l’esclusione di un altro offerente, proposto da un concorrente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che affermi di essere leso da una violazione del diritto dell’Unione, venga dichiarato inammissibile in base al diritto nazionale, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi.

La previsione di cui al comma 5 dell’art. 1 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. decreto Sblocca cantieri), in forza della quale “le disposizioni di cui al comma 4 (che ha abrogato il rito superaccellerato in materia di appalti) si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto” deve essere interpretata nel senso di ritenere che si applicano ai processi relativi a provvedimenti di ammissione che siano intervenuti successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento d’urgenza.

Gli articoli 29, comma 1 del Codice dei contratti e 120, comma 2 bis, c.p.a., sull’impugnativa dei provvedimenti di ammissione o esclusione dalla gara d’appalto, devono essere interpretati in senso garantista, ancorando la decorrenza del termine di impugnazione a situazioni di effettiva, concreta e completa conoscibilità della documentazione utile. Pertanto, la pubblicazione delle ammissioni e delle esclusioni deve contenere anche l’accessibilità ai relativi atti (e motivazioni), ciò affinché la tutela giurisdizionale possa essere compiutamente esercitata, non essendo sufficiente a far decorrere il termine di impugnativa la mera elencazione di offerenti ammessi senza ulteriori chiarimenti (Tar Puglia, sez. I, sentenza 10 ottobre 2019, n. 1546).

La decisione

La sentenza del Tar leccese prende in esame diversi aspetti particolarmente delicati e controversi della disciplina degli appalti e, in particolare:

– il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, richiamando gli ultimi importanti sviluppi della giurisprudenza comunitaria;

– l’individuazione degli appalti a cui rationetemporis rimane applicabile il cosiddetto rito superaccelerato di cui ai commi 2 bis e 6 bis dall’art. 120 c.p.a. venuto meno in seguito al decreto cosiddetto sblocca cantieri D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla l. 14 giugno 2019, n. 55. In riferimento a questo tema la pronuncia affronta un aspetto “delicato” della disciplina transitoria, con una interpretazione correttiva volta a evitare un’aporia logica delle disposizioni legislative che regolano il del passaggio al nuovo regime;

– la questione particolarmente dibattuta del momento di decorrenza dei termini per impugnare le ammissioni e le esclusioni dalla gara con l’abrogato rito superacceletato, ancora applicabile in via transitoria.

Rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale

Quanto all’aspetto del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale nella disciplina processuale degli appalti, la sentenza in esame ha recepito le ultime risultanze della giurisprudenza eurounitaria rilevando come la sentenza della Corte di Giustizia U.E., sez. X, 5 settembre 2019 (causa C-333/18) abbia sostanzialmente risolto (almeno per ora) l’annosa questione del rapporto tra ricorso principale e del ricorso incidentale escludente, oggetto di rimessione al giudice eurounitario dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza 11 maggio 2018, n. 6.

Ai sensi della pronuncia comunitaria, la normativa europea in materia di appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un ricorso principale inteso a ottenere l’esclusione di un altro offerente, proposto da un concorrente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che affermi di essere leso da una violazione del diritto dell’Unione, venga dichiarato inammissibile in base al diritto nazionale, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi.

Applicabilità rationetemporis del rito superaccelerato dopo il decreto sblocca cantieri

L’art. 1, comma 22, del decreto sblocca cantieri D.L. 18 aprile 2019, n. 32, così come convertito con legge dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha abrogato il cosiddetto rito superaccelerato in materia di appalti previsto dall’art. 120 comma 2 bis e 6 bis del c.p.a., che contemplava l’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle gare d’appalto, disponendo un rito processuale improntato alla massima celerità e prevedendo degli effetti preclusivi per la mancata impugnativa, ovverosia l’impossibilità di gravare successivamente tali atti (unitamente all’aggiudicazione), né far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, nemmeno mediate ricorso incidentale.

Si pone quindi un problema di disciplina transitoria o meglio dell’esatta perimetrazione delle impugnative ancora assoggettate a tale rito rationetemporis e, conseguentemente dei provvedimenti di ammissione alla gara soggetti all’onere di impugnativa immediata.

Il comma 5 dell’art. 1, del D.L. n. 32/2019, prima della legge di conversione n. 55/2019 prevedeva che “le disposizioni di cui al comma 4 (tra cui l’abrogazione dei comma 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a.) si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”.

All’esito della richiamata legge di conversione n. 55/2019 la disciplina transitoria viene disciplinata dal comma 23 dell’art. 1 ai sensi del quale la previsione di abrogazione delle medesime, richiamate nel comma 22, “si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Le previsioni legislative, sia precedentemente che all’esito della legge di conversione, non fanno quindi riferimento per l’applicabilità della nuova disciplina alla data di pubblicazione di bandi o avvisi di gara – come invece ha fatto il legislatore per quanto riguarda la nuova disciplina sostanziale dettata dal medesimo decreto sblocca cantieri – né alla data di adozione del provvedimento di ammissione, ma esclusivamente alla data di inizio del processo.

L’interpretazione letterale di tale disposizione comporterebbe la necessità di prendere in considerazione solo il momento di proposizione del giudizio, dimodo che il rito superaccellerato non sarebbe più applicabile per tutti i ricorsi proposti successivamente al 18 giugno 2019, data di entrata in vigore della legge di conversione, indipendentemente dalla data di adozione del provvedimento di ammissione o esclusione dalla gara.

Qualche dubbio in proposito può sussistere sulla circostanza se per inizio del processo debba intendersi la notifica del ricorso o il suo deposito. Al riguardo alcuni primi autorevoli commentatori ritengono si debba dare riferimento al momento del deposito (R. De Nictolis, Le novità sui contratti pubblici recate dal d.l. n. 32/2019 “sblocca cantieri” in Urbanistica e appalti, 2019, 4, 445), anche se per diverse fattispecie in passato si è ritenuto che per inizio del processo debba intendersi la notifica del ricorso, come nel caso del giudizio di ottemperanza ai fini del decorso del termine decennale entro il quale proporre il ricorso (Tar Lazio, Sez. I, 11 giugno 2015, n. 8178; Tar Lazio, Sez. III Quater, 11 luglio 2012, n. 6272; Tar Lazio, Sez. III Quater, 23 maggio 2012, n. 4640)

L’abrogata normativa nel prevedere il rito superaccelerato aveva posto, come indicato, anche un onere di immediata impugnativa per i provvedimenti di ammissione ed esclusione. Mentre i provvedimenti di esclusione erano anche prima dell’introduzione del rito superabbreviato sono soggetti a un onere di immediata impugnativa, così non era per i provvedimenti di ammissione degli altri concorrenti a causa dell’assenza di un interesse immediato e diretto alla proposizione.

Pertanto seguendo letteralmente la norma transitoria per tutti i ricorsi proposti dal 19 giugno 2019, sarebbe venuta meno l’applicabilità del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. che prevede l’onere di impugnativa, indipendentemente dalla data di adozione del prvvedimento di ammissione, né è contemplato che siano fatte salve le decadenze processuali medio tempore maturate.

In sostanza, quindi, secondo questa logica un provvedimento di ammissione precedente al decreto sblocca cantieri e alla legge di conversione a suo tempo non impugnato entro trenta giorni, potrebbe essere impugnabile unitamente all’aggiudicazione definitiva alla sola condizione che l’azione venga proposta dopo il 18 giugno 2019.

La norma nella sua formulazione letterale opererebbe una generale rimessione in termini per tutte le decadenze maturate in base a commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a. nel precedente regime.

A tale aporia logica ha cercato di porre rimedio, con una motivazione sintetica, la sentenza in esame, indicando che la disposizione deve essere interpretata nel senso di ritenere che le norme che prevedono l’abrogazione si applicano ai processi relativi ai provvedimenti di ammissione che siano intervenuti successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione abrogatrice.

La sentenza in esame motiva tale conclusione con l’affermazione che diversamente opinando, verrebbero violati i principi di irretroattività delle norme transitorie (Cass. SS.UU. nn. 9341, 9284 e 9285 del 2016) e di certezza del diritto.

L’adito Tar, peraltro, in base all’affermato principio, ha ritenuto che la fattispecie esaminata fosse ancora disciplinata dall’ormai abrogato art. 120 comma 2 bis del c.p.a., in ossequio al principio tempusregitactum.

L’interpretazione del Tar contempla quindi a livello interpretativo un doppio requisito quello (previsto dalla legge) dell’inizio dell’azione e dell’adozione del provvedimento di ammissione prima dell’intervenuta disposizione di abrogazione.

Tale interpretazione, non agganciata a nessuna previsione legislativa ma ai principi generali di irretroattività delle norme transitorie e di certezza del diritto, non risolve però espressamente il dubbio della sorte processuale del provvedimento di ammissione adottato precedentemente alla norma abrogatrice ma prima della scadenza dei termini per impugnare.

Sarebbe stata in tal senso risolutiva e, probabilmente quantomeno opportuna, una previsione nel testo della norma che disciplina i termini di applicabilità rationetemporis del nuovo regime, di una disposizione che facesse salve le decadenze nel frattempo maturate, in modo che la parte che era a suo tempo incorsa nella decadenza per non aver impugnato l’ammissione non possa ora proporre l’impugnazione della stessa unitamente all’atti di aggiudicazione.

La decorrenza del termine per impugnare l’ammissione o l’esclusione nel rito superaccellerato

La sentenza in esame si esprime anche sul controverso tema del momento da cui decorre il termine di trenta giorni per impugnare le ammissioni e le esclusioni con il rito superaccellerato, che ancorchè abrogato continua ad applicarsi ai processi iniziati prima del decreto sblocca cantieri.

Al riguardo l’art. 120 comma 2 bis c.p.a. prevedeva che il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni alla procedura di affidamento all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali andasse impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici. A sua volta l’art. 29 del Codice Contratti prescriveva, al comma 1, che al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120, comma 2 bis c.p.a. fossero pubblicati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, i provvedimenti di esclusione e di ammissione. Il medesimo articolo prevedeva inoltre che entro il medesimo termine di due giorni venisse dato avviso ai candidati e ai concorrenti dei suddetti provvedimenti, indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120 comma 2 bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione.

I dubbi interpretativi vertevano sulle circostanze se il termine decorra dalla pubblicazione del provvedimento sul profilo del committente della stazione appaltante o dalla comunicazione individuale ai concorrenti; se sia necessaria la pubblicazione dell’atto o basta la piena conoscenza dell’atto avuta aliunde, così come se sia necessaria la piena conoscibilità delle ragioni dell’esclusione o dell’ammissione acquisibile tramite i documenti pubblicati.

La sentenza in esame ha richiamato l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui sebbene il comma 2-bis dell’art. 120 cod. proc. amm. faccia riferimento, ai fini della decorrenza del previsto termine d’impugnazione di trenta giorni, “esclusivamente alla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo telematico della stazione appaltante ai sensi dell’art. 29, comma 1, d.lg. n. 50/2016, ciò non implica l’inapplicabilità del generale principio sancito dall’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. e riaffermato nel comma 5, ultima parte, dell’art. 120 cod. proc. amm., per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto, il termine decorre dal momento dell’avvenuta conoscenza dell’atto stesso, purché siano percepibili i profili che ne rendano evidente la lesività per la sfera giuridica dell’interessato in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. In altri termini, in difetto di un’espressa e univoca correlativa espressa previsione legislativa a valenza derogatoria e in assenza di un rapporto di incompatibilità, deve escludersi che il comma 2-bis dell’art. 120 cod. proc. amm. abbia apportato una deroga all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. e al principio generale della decorrenza del termine di impugnazione dalla conoscenza completa dell’atto” (C.di St. 5870/2017).

La medesima sentenza ha richiamato anche la giurisprudenza comunitaria e, in particolare, la pronuncia della Corte di Giustizia Ue (cfr. ordinanza del 14 febbraio 2019, C- 54/18) basata sulla premessa che l’obiettivo posto dall’art. 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665, di garantire ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, può essere conseguito solo se i termini prescritti per proporre siffatti ricorsi iniziano a decorrere dalla data in cui il ricorrente abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’asserita violazione di dette disposizioni. Di conseguenza, la disciplina prevista dal comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. è compatibile con la suindicata direttiva solamente a condizione che i provvedimenti comunicati siano accompagnati da una relazione sui motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati possano venire a conoscenza della lamentata violazione del diritto dell’Unione. Inoltre, l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’art. 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione su cui si fonda la decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, nonché per porre pienamente in grado quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione.

Fatte tali premesse il Tar leccese ha proposto una interpretazione garantista del suindicato panorama normativo, “ancorando la decorrenza del termine di impugnazione a situazioni di effettiva, concreta e completa conoscibilità della documentazione utile. Pertanto, la pubblicazione delle ammissioni e delle esclusioni deve contenere anche l’accessibilità ai relativi atti (e motivazioni), ciò affinché la tutela giurisdizionale possa essere compiutamente esercitata, non essendo sufficiente a far decorrere il termine di impugnativa la mera elencazione di offerenti ammessi senza ulteriori chiarimenti (C. di St. n. 4025/2019, n. 1753/2019). Né tale principio patisce eccezione per il solo fatto che l’operatore non abbia esercitato la facoltà di presentare un’istanza di accesso, o la eserciti avuta conoscenza dell’aggiudicazione, dal momento che la peculiarità della disciplina di settore mal si coniuga con il tradizionale orientamento secondo cui è affidato alla diligenza del singolo interessato l’onere di attivarsi tempestivamente, una volta acquisita la conoscenza di un provvedimento lesivo, per conoscere tutte le ulteriori circostanze poste a fondamento del medesimo, che ritenga necessarie allo scopo di esercitare compiutamente il proprio diritto di impugnazione e difesa (cfr. C. di St. n. 4025/2019, n. 726/2018)”.

A conferma di tale conclusione richiama gli arresti del Consiglio di Stato che rilevano come la disciplina dettata dall’articolo 120, comma 2-bis c.p.a. è il frutto della ricerca di un equilibrio da parte del legislatore fra le esigenze antinomiche di accelerare i processi di notevole interesse economico e di fornire pronta certezza in tale importante settore e quella di non comprimere eccessivamente i canoni della pienezza ed effettività della tutela giudiziale. In tale contesto il ha “imposto a carico delle stazioni appaltanti l’obbligo di porre tempestivamente a disposizione dei concorrenti la documentazione a supporto delle disposte ammissioni, ne consegue che non possa aderirsi ad una lettura che ponga ulteriormente a carico dei concorrenti oneri di carattere procedimentale o processuale al fine di attingere uno strumento di tutela già di per sé connotato da evidenti criticità”. Si deve tener conto, inoltre, del “generale dovere di leale collaborazione che grava in capo all’amministrazione (in quanto operatore professionale qualificato) anche in virtù di un’espressa previsione di legge e dall’evidente iniquità che emergerebbe se si aderisse alla tesi secondo cui la violazione da parte della stazione appaltante di un puntuale obbligo legale di allegazione invece di risolversi in danno della stessa, si risolvesse invece in danno del concorrente, gravandolo di oneri aggiuntivi quale quello di attivarsi per ottenere l’accesso a quegli stessi atti che l’amministrazione avrebbe dovuto porre a sua disposizione, subendo – in carenza di ciò – gli effetti dannosi del decorso del termine per l’impugnativa” (C. di St. n. 4025/2019; n. 699/2019).

Sulla base di tali considerazioni la decisione in questione ha ritenuto non fossero decorsi i termini di impugnativa dato che la stazione appaltante ha pubblicato il decreto di ammissione sul sito istituzionale della Stazione appaltante ma ha omesso di darne comunicazione agli interessati e non ha reso disponibili i documenti esaminati ed i verbali di gara, limitandosi a dare atto dei concorrenti ammessi. Il termine ha, infatti, iniziato a decorrere solo dal momento in cui l’interessato ha avuto accesso agli atti a seguito di una formale richiesta di ostensione.

Esito:

accoglie il ricorso principale e respinge il ricorso incidentale

Riferimenti normativi:

D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55

Art. 120, commi 2 bis e 6 bis, c.p.a.

Art. 29, comma 1 del Codice dei contratti

Tar Puglia, sez. I, sentenza 10 ottobre 2019, n. 1546

 

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