CONDOMINIO: INFILTRAZIONI E MUFFE NELL’ABITAZIONE? CHI RISARCISCE IL DANNO?

CONDOMINIO: INFILTRAZIONI E MUFFE NELL’ABITAZIONE? CHI RISARCISCE IL DANNO?

Condominio: infiltrazioni e muffe nell’abitazione?chi risarcisce il danno?

L’art. 2051 c.c. disegna una responsabilità oggettiva fondata sul rapporto di custodia. É onere di parte attrice dimostrare il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento lesivo, mentre il convenuto (al fine dell’esclusione della responsabilità) deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo, imprevedibile e/o eccezionale, tale da interrompere il nesso di causalità. È quanto si legge nel provvedimento del Tribunale di Cosenza n. 770 del 2 maggio 2023.

La controversia tra proprietari dell’immobile e condominio

La controversia in oggetto ha impegnato i proprietari di un appartamento al terzo ed ultimo piano di uno stabile, con sovrastante soffitta del fabbricato condominiale, ed il relativo condominio.

Dopo la ristrutturazione del tetto del fabbricato eseguita nel primo dopoguerra, le sue condizioni avevano subito un deterioramento e, a causa delle conseguenti infiltrazioni, il 30 giugno 2016 i detti proprietari avevano denunciato lo stato di degrado del proprio appartamento, con diffuse tracce di umidità come evidenziate in apposita perizia.

Il condominio aveva approvato i lavori di ristrutturazione del tetto ed aveva sottoscritto, circa un anno dopo, il contratto di appalto per la loro esecuzione. Senonché i lavori non erano poi proceduti con regolarità e si era resa necessaria una nuova diffida in data 10 ottobre 2017.

Il 17 ottobre 2018 un sopralluogo igienico-sanitario nell’unità immobiliare aveva confermato la presenza di macchie di umidità e muffe, con intonaci scrostati e soffitto lesionato.

Nella perdurante inerzia dei lavori, i proprietari avevano intrapreso a proprie cure e spese i lavori di ripristino dell’appartamento e successivamente avevano citato il condominio in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2051 c.c., quantificati nell’importo di € 5.500,00 come da fattura della ditta appaltatrice.

Il condominio si era costituito in giudizio eccependo la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni, posto che sin dal 2010 quell’appartamento era risultato interessato da fenomeni di infiltrazione, mentre la prima diffida era stata inviata solo il 30 giugno 2016.

Nel merito era stata contestata la insussistenza del nesso di causalità tra i danni lamentati e lo stato di vetustà del tetto, dipendendo i fenomeni verificatisi nell’appartamento da una presunta scarsa areazione dei locali.

Il condominio aveva altresì lamentato il fatto che, non essendo stato esperito un accertamento tecnico preventivo, non sarebbe stato più possibile provare la diversa causa dei lamentati fenomeni da infiltrazioni.

Sulla pretesa intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno

Il giudice ha preliminarmente esaminato l’eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta. Un’eccezione in senso stretto formulata con la comparsa di costituzione del 29 novembre 2019, mentre la prima udienza indicata nell’atto di citazione era quella del 16 dicembre 2019, differita d’ufficio al 20 dicembre 2019 ai sensi dell’art. 168-bis, comma 4, c.p.c.

Giusta la base giuridica del differimento (comma 4 e non 5 dell’art. 168-bis c.p.c., cfr. art. 166 c.p.c.) la costituzione del convenuto, ai fini dell’utile proposizione dell’eccezione di prescrizione, avrebbe dovuto essere eseguita con riguardo alla data indicata nell’atto di citazione e non a quella di quattro giorni successiva.

L’eccezione è risultata intempestiva rispetto al termine stabilito dagli artt. 166 e 167 c.p.c. e quindi giudicata inammissibile.

L’onere della prova ex art. 2051 c.c. e la rilevanza di documenti e dichiarazioni testimoniali

Nel merito è stata condivisa la sussunzione della controversia nel perimetro applicativo dell’art. 2051 c.c. che disegna una responsabilità oggettiva, fondata sul semplice rapporto di custodia, “cioè – ha osservato il giudice – sulla relazione intercorrente tra la cosa dannosa e colui il quale ha l’effettivo potere su di essa (…) e non sulla presunzione di colpa, restando estraneo alla fattispecie il comportamento tenuto dal custode”.

L’attore deve allora dimostrare il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento lesivo, mentre il convenuto (al fine dell’esclusione della responsabilità) deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo che, per

sua imprevedibilità/eccezionalità, sia tale da interrompere il nesso di causalità.

In difetto di un accertamento tecnico preventivo e nella inutilità di una consulenza tecnica d’ufficio (essendo il giudizio iniziato successivamente alla esecuzione dei lavori sia nell’unità immobiliare che sul tetto condominiale), il giudice ha formulato il giudizio sulla base dei documenti depositati dalle parti (oltre che delle dichiarazioni rese dai testimoni, tutte peraltro avendo confermato la presenza di

infiltrazioni nell’appartamento degli attori) costituiti da:

1) fotografie del marzo 2010 allegate alla relazione tecnica prodotta dal condominio, già attestanti la presenza di infiltrazioni;

2) fotografie allegate alla perizia dell’11 ottobre 2018, mai contestate nella loro autenticità, che mostravano la concentrazione dell’umidità sulla parte alta delle pareti in corrispondenza del soffitto;

3) la risposta del condominio del 2 luglio 2016 alla prima diffida, risposta con cui l’amministratore aveva riconosciuto la precarietà della condizione del tetto, senza contestare la provenienza dei fenomeni infiltrativi dalla copertura dello stabile;

4) altri documenti come la nota del 17 ottobre 2018 di un dirigente medico a seguito di sopralluogo nell’immobile, donde era emerso “il cattivo stato di manutenzione della copertura in cemento amianto con presenza di muffa, licheni e qualche rottura”.

Tutto quanto precede è stato sufficiente a far ritenere raggiunta la prova della causa dei fenomeni infiltrativi, “pacificamente riscontrati nell’unità immobiliare di proprietà degli attori almeno sin dall’anno 2010” e cagionati “dallo stato di incuria del manto di copertura del fabbricato condominiale”.

Attesa la responsabilità dell’ente di gestione in merito al cattivo stato di manutenzione del tetto, il giudice ha condannato il condominio a risarcire il danno agli attori nella misura dell’importo dedotto in causa e rivalutato, oltre che al pagamento delle spese di lite.

Riferimenti normativi:

Art. 2051 c.c.

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