Il permesso di costruire tacito per assenso non è soggetto a decadenza

Il mancato avvio dei lavori entro il termine annuale dalla sua formazione, non produce la decadenza del permesso di costruire tacito, figura speciale prevista dall’art. 20, comma 8, d.p.r. 380/2001, il Testo unico dell’edilizia (TUE), per ovviare al silenzio serbato dall’amministrazione comunale alla richiesta di rilascio del permesso medesimo. In questi termini si è pronunciato il Tar Bari con la sentenza 20 maggio 2019, n. 725.

Il caso controverso

Le ricorrenti avevano chiesto al Comune di Trani il rilascio di un permesso di costruire.

Non essendosi pronunciata sulla relativa domanda, entro il termine stabilito dalla legge, l’amministrazione comunale riteneva essersi formata la figura del permesso di costruire per silenzio-assenso, come previsto dal menzionato art. 20, comma 8, TUE.

La norma prescrive che, decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, la domanda di permesso di costruire s’intende accolta per silenzio-assenso.

Non avendo però le ricorrenti iniziato i lavori entro l’anno dalla formazione del provvedimento tacito di assenso, il Comune di Trani ha contestato il verificarsi della decadenza, in base alle previsioni stabilite dall’art. 15 TUE.

Secondo l’appena citata norma, nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori (comma 1). Il termine di inizio non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, salvo che, anteriormente alla scadenza, l’interessato abbia chiesto ed ottenuto una proroga (comma 2).

Le ricorrenti hanno quindi impugnato il provvedimento di decadenza censurandone l’eccesso di potere per sviamento, travisamento, contraddittorietà-illogicità.

Hanno contestato in pratica la mancanza di correttezza e di trasparenza dell’amministrazione nonché la violazione del giudicato relativamente a precedenti pronunce giurisdizionali intervenute sulla vicenda.

Il permesso di costruire

Il termine permesso di costruire, utilizzato dall’art. 10 TUE, deriva dal francese permis de constructionou de batir; con tale termine il legislatore ha sostituito il vecchio istituto della concessione edilizia, in un certo senso per prendere atto del consolidarsi della teoria, ribadita ormai inequivocabilmente anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 1980) che lo iusaedificandi è una delle facoltà, tra le più importanti, strutturale al diritto di proprietà.

Sul piano procedimentale, il Testo unico dell’edilizia ha rimosso l’obbligatorietà del parere della commissione edilizia ed ha istituito lo sportello unico per l’edilizia (art. 20).

Nei contenuti e nella sostanza, il permesso di costruire non è tuttavia diverso dalla vecchia concessione edilizia, confermando le seguenti caratteristiche:

– realità, posto che presuppone una situazione soggettiva attiva relativa ad un bene e quindi va rilasciato al proprietario dell’area o a chi vi abbia altro titolo per richiederlo;

– irrevocabilità: il permesso non è suscettibile di revoca; può essere semmai annullato in autotutela per vizi originari di illegittimità;

– rinnovabilità: il permesso può essere rinnovato prima della scadenza;

– onerosità: il rilascio del permesso di costruire richiede il pagamento dei cd oneri di costruzione, posto che la costruzione, oltre a giovare all’interessato, deve recare un vantaggio anche per la collettività.

La funzione fondamentale del permesso di costruire è pubblica e consiste nel riscontro di conformità dell’attività edilizia, che si ha intenzione di compiere, alla normativa ed agli strumenti approvati di programmazione urbanistica. Il permesso, pertanto, regola il rapporto tra autorità amministrativa e privato, senza attribuire a favore di quest’ultimo diritti soggettivi conseguenti all’attività stessa, i cui effetti nei confronti di eventuali terzi sono disciplinati dal diritto comune.

Più in particolare, l’ambito oggettivo di applicazione del permesso è circoscritto dall’art. 10 TUE e coincide con gli “interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”. Questi, più in particolare, consistono in:

a) interventi di nuova costruzione;

b) interventi di ristrutturazione urbanistica;

c) interventi di ristrutturazione edilizia che comportino un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e un aumento di unità immobiliari, modifiche della volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti, ovvero, che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, produca mutamenti della destinazione d’uso nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del d. lgs. 42/2004 (codice dei beni culturali).

In via residuale, tutti gli interventi edilizi diversi, non contemplati dall’art. 10 e non sottoposti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all’art. 22, sono liberi, semmai anticipati da una semplice CILA(Comunicazione inizio lavori asseverata), di cui all’art. 6-bis.

Le Regioni possono stabilire con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, siano subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività (comma 2).

Le Regioni possono altresì individuare, sempre con legge, ulteriori interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire (comma 3).

Gli articoli da 11 a 15 del d.p.r. n. 380/2001 dettano le prescrizioni per il rilascio del permesso di costruire.

L’art. 11 chiarisce che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo. Ciò significa che l’amministrazione comunale, nel corso dell’istruttoria, ha l’obbligo di verificare che il richiedente sia in possesso del titolo che, secondo le regole del diritto privato, lo legittimi a svolgere sul bene l’attività edilizia per la quale chiede il permesso, senza necessità, tuttavia, di condurre complessi accertamenti diretti a ricostruire le vicende riguardanti la titolarità o la piena disponibilità del bene, o di verificare l’inesistenza di servitù o di altri vincoli reali che potrebbero limitare le facoltà edificatorie del richiedente.

Il titolo è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Il suo rilascio contempla la clausola della salvezza di eventuali diritti dei terzi che, in qualche modo, potrebbero venire toccati.

E’ quindi legittimo il diniego al rilascio del permesso nel caso in cui il titolo non sia provato dal richiedente, questo perché la legittimazione a costruire costituisce un presupposto, la cui mancanza impedisce all’amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto.

Come corollario, il permesso di costruire non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio; a maggiore ragione, lo stesso non pregiudica la titolarità né l’uso di diritti relativi ad immobili diversi da quelli oggetto d’intervento.

L’art. 12 TUE disciplina i presupposti e la procedura da seguire per conseguire il rilascio del permesso di costruire.

Costituiscono presupposti necessari:

– La conformità del titolo alla disciplina urbanistico-edilizia vigente, in particolare, alle previsione degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi (comma 1);

– L’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o la previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio (comma 2);

– L’impegno degli interessati di attuare le opere di urbanizzazione primaria, contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto di permesso (comma 2, ultima parte).

Il procedimento per il rilascio del permesso di costruire

Per il rilascio del permesso di costruire è oggi decisivo il ruolo ricoperto dal responsabile del procedimento e dallo Sportello unico per l’edilizia che, ai sensi dell’art. 5 TUE, è l’ufficio comunale preposto alla cura dei rapporti tra il privato e l’amministrazione nonché le altre amministrazioni, le quali eventualmente devono pronunciarsi, negli ambiti di rispettiva competenza, sull’intervento oggetto di richiesta del permesso.

L’art. 20 TUE disciplina la procedura per il rilascio del permesso di costruire. Sulla norma è intervenuto più volte il legislatore, sempre nel tentativo di semplificare gli adempimenti.

L’art. 20, comma 1, precisa che la domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell’art. 11 (proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo) va presentata allo sportello unico corredata da un’attestazione relativa al titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti, e ove ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, ossia la documentazione di conformità alle normative di settore incidenti sull’attività edilizia.

La domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica.

Il comma 2 dispone che lo sportello unico comunica entro 10 giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento, ai sensi degli articoli 4 e 5 della L. n. 241/1990. Chiara la norma nel dare un criterio oggettivo nell’istruttoria delle domande, ossia l’ordine cronologico di presentazione.

Il comma 3 chiarisce che, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento:

– cura l’istruttoria;

– formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto;

– qualora sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso, comunque denominati, resi da amministrazioni diverse, si convoca la conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti L. n. 241/1990.

Il termine di 60 giorni, ai sensi del comma 4, può essere sospeso nel caso in cui il responsabile del procedimento, ai fini del rilascio del permesso, ravvisi la necessità, motivandola, di apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario.

L’interessato deve pronunciarsi entro il termine fissato dal responsabile e, qualora aderisca alla richiesta, deve integrare la documentazione nei successivi 15 giorni.

Il termine può essere interrotto dal responsabile una solva volta, entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, solo per la motivata richiesta di documenti integrativi che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente.

In questo caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

Il permesso di costruire per silenzio assenso

L’art. 20, comma 8, TUE (nella versione attualmente in vigore, come modificata dall’art. 5 legge 12 luglio 2011 n. 106) dispone che, decorso inutilmente il termine per l’adozione del procedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire s’intende formato il silenzio assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali troveranno applicazione le disposizioni in tema di conferenza di servizi, di cui agli artt. 14 e seguenti L. n. 241/1990.

La formazione del silenzio-assenso è possibile sempre che la domanda di permesso di costruire sia assistita da tutti i presupposti amministrativi e tecnici, soggettivi ed oggettivi, di accoglibilità; diversamente, alcun titolo tacito può validamente formarsi (Cons. St., sez. IV, 12.07.2018 n. 4273; idem, 5.09.2016 n. 3805).

Secondo un orientamento della giurisprudenza (Tar, Bari, sez. III, 14.01.2016 n. 37), richiamato nella sentenza in commento, questa forma di silenzio, che dà origine ad un titolo edilizio tacito, equivalente al provvedimento espresso, non vale comunque per superare il regime autorizzatorio edilizio, che rimane inalterato, ma introduce solo una modalità alternativa, semplificata, per il conseguimento dell’autorizzazione, laddove l’amministrazione rimanga inerte.

L’orientamento del Tar Bari

Ed è proprio sulle basi di questo orientamento, non a caso espresso dallo stesso tribunale, che il Tar Bari ha costruito la propria architrave argomentativa, alla quale ha aggiunto un altro tassello, ossia che l’alternativa del silenzio-assenso in sostituzione del provvedimento espresso deve sempre rispondere all’interesse del destinatario, il soggetto che “attende” il provvedimento.

Allo stesso modo in cui il legislatore ha previsto, in favore del richiedente il titolo edilizio, per gli interventi sottoposti a SCIA, la facoltà di chiedere comunque il permesso di costruire (art. 22, comma 7, TUE), deve a maggior ragione ritenersi che vada riconosciuta la facoltà di richiedere il permesso di costruire in forma espressa, laddove sia pur prevista la formazione del titolo in forma tacita (per di più condizionata).

Non a caso, la disciplina sul silenzio-assenso ha introdotto a carico del privato, che richiede il permesso di costruire, una serie di gravosi oneri di auto-qualificazione (anche opinabili), circa il possesso dei requisiti dell’intervento edilizio da realizzarsi e di attestazione di conformità dello stesso ai presupposti di legge; questo significa che il silenzio-assenso non è affatto incondizionato e per di più fa comunque salvi i poteri di autotutela dell’amministrazione, nella forma dell’annullamento d’ufficio (art. 20, comma 3, L. n. 241/1990).

Tali poteri di autotutela sono esercitabili, qualora il permesso di costruire sia tacito, nell’ipotesi in cui è necessario salvaguardare l’interesse pubblico al regolare uso del territorio, sotto il profilo urbanistico-edilizio, in presenza di situazioni non significativamente consolidate dei privati per il tempo trascorso (Cons. St., sez. IV, 5.09.2016 n. 3805; Idem, 28.06.2016 n. 2908; Idem, 12.07.2013 n. 3749).

Per questo motivo, l’amministrazione comunale non può dichiarare la “decadenza” di un titolo edilizio tacito (presuntivamente) formatosi, tanto più qualora l’interessato abbia chiesto e reiterato l’emanazione di un provvedimento espresso.

Ne deriva l’obbligo per il comune, laddove invero specificamente richiesto e sollecitato, a pronunciarsi sul rilascio del permesso edilizio in modo espresso, in presenza del principio generale introdotto dall’art. 2, comma 1, L. n. 241/1990.

Osservazioni conclusive

La posizione del Tar Bari è condivisibile, sulla base della semplice considerazione che i silenzio-assenso è un istituto a vantaggio del richiedente non dell’amministrazione.

Sarebbe a questo punto contrario ai principi di buon fede, invocare la decadenza di un titolo che, sebbene si sia formato per decorso del tempo, non è stato mai utilizzato dagli interessanti i quali, più volte, lo hanno chiesto e sollecitato all’amministrazione.

Riferimenti normativi:

  1. n. 241/1990

Tar Bari, sez. II, sentenza 20 maggio 2019, n. 725

 

Categorie

Le nostre news

Appalti e Bandi

Condominio

Edilizia

Imposte e Tasse

Sicurezza Cantieri

ottieni subito il 10% di sconto

Registrati alla newsletter di Ristrutturando.net e ottieni subito il 10% di sconto sull'intero catalogo.

Carrello vuoto...