In difetto di pattuizione, il compenso dell’architetto si determina in base al valore delle opere

In difetto di pattuizione, il compenso dell’architetto si determina in base al valore delle opere

In difetto di pattuizione, il compenso dell’architetto si determina in base al valore delle opere

Secondo la Cassazione civile, sentenza 23 settembre 2019, n. 23562, in mancanza di pattuizione del compenso, l’onere probatorio del professionista (nel caso di specie, architetto) viene assolto mediante la prova delle opere eseguite, dovendosi procedere alla sua determinazione secondo i criteri fissati nell’art. 2233 c.c.

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:
Conformi: Cass. civ. sez. VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769
Difformi: Non si rinvengono precedenti

Il giudizio trae origine dall’opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Latina-sezione distaccata di Terracina per la somma di euro 462.525,42 a favore dell’arch. M., quale corrispettivo di prestazioni professionali espletate a favore di Immobiliare B.V. s.r.l. per la costruzione di un albergo in T.

All’esito del giudizio di opposizione, il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo e condannò l’opponente al pagamento del minor importo pari ad euro 177.217,10, sulla scorta di una proporzionale riduzione dell’importo dell’opera progettata.

Proposto gravame in via principale da parte dell’arch. M. e dalla società opponente in via incidentale, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del tribunale, respingeva l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto.

In particolare, la corte territoriale ha accolto l’impugnazione in relazione alla dedotta erroneità della determinazione del compenso dovuto al professionista sulla scorta del valore preventivato dell’opera, piuttosto che sulla base dell’opera effettivamente eseguita in applicazione dell’art. 2233 c.c.

La cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla società opponente.

In particolare, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto assolto da parte dell’architetto M. l’onere probatorio su di lui gravante in ordine ai fatti costitutivi della domanda; al contrario, ritiene la ricorrente che, a fronte della contestazione sollevata sulla scorta del dettagliato computo metrico sottoscritto dalle parti, la corte aveva erroneamente ritenuto provati dal professionista tutti i fatti costitutivi del credito monitoriamente azionato e cioè oltre all’incarico, il cui conferimento non è in discussione, anche il compenso dovuto.

La Suprema Corte, nel dichiarare il motivo inammissibile, ha osservato che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.

Ciò non è avvenuto nella fattispecie in esame, perché la corte territoriale, dopo avere confermato l’onere probatorio a carico dell’architetto, quale attore in senso sostanziale, ha ritenuto che esso era stato assolto mediante la prova delle opere eseguite e che, in mancanza di pattuizione del compenso, si doveva procedere alla sua determinazione secondo i criteri fissati nell’art. 2233 c.c. per il caso di mancata convenzione; la corte ha poi esplicitato, richiamando i precedenti di giurisprudenza, le ragioni per escludere che il computo preventivo potesse costituire prova idonea dell’accordo per l’esecuzione di opere il cui valore finale risultava sensibilmente diverso, anche per effetto delle tre varianti intervenute rispetto al progetto iniziale; infine, il giudice del gravame ha valorizzato le risultanze della ctu e la natura collegiale dell’incarico, pervenendo alla conclusione in conformità all’art. 2697 c.c., sebbene la conclusione non sia quella auspicata dall’odierna ricorrente.

Esito del ricorso:

Rigetto

Riferimenti normativi:

Art. 2233 c.c.

Art. 2697 c.c.

Cassazione civile, sez. II, sentenza 23 settembre 2019, n. 23562

 

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