Individuazione della soglia per la procedura negoziata negli appalti pubblici

Nelle procedure negoziate poste al di sotto della soglia comunitaria, è proprio la scelta operata dall’Amministrazione, in sé ampiamente discrezionale, ad assicurare, sempreché non affetta da vizi di illogicità o di manifesta incongruità, la originaria parità di trattamento tra gli operatori economici. Lo stabilisce il Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza 9 dicembre 2019, n. 514.

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale

Il Tar del Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 514, del 9 dicembre 2019, ha respinto il ricorso di una SRL nei confronti di un ente locale; per i giudici amministrativi la determinazione del valore dell’appalto attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, per sé stessa riservata all’amministrazione ed è insuscettibile di sindacato giurisdizionale se non nei limiti della illogicità e dell’incongruità manifesta.

Il contenzioso

La SRL ha impugnato la deliberazione della Giunta Comunale di un Comune del Friuli contenente l’approvazione del progetto esecutivo (a seguito del nulla osta tecnico ministeriale) di un importante rifacimento tratto stradale cittadino.

Contesta, tra le diverse motivazioni, l’adozione della procedura negoziata, prevista nell’art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016, della quale non sussisterebbe il necessario presupposto applicativo, trattandosi di un appalto il cui valore si collocherebbe al di sopra della soglia comunitaria, individuato, ai sensi del precedente art. 35, 2° co, lett. c), in un milione di euro; osserva, sotto questo profilo, che il suddetto valore andrebbe stabilito computando, a tal fine, oltre all’importo dei lavori e agli oneri della sicurezza (€ 977.214,38, come precisato nella determinazione dirigenziale impugnata), agli incentivi (art. 113, D. Lgs. n. 50 del 2016) per € 6.396,32, agli imprevisti per € 48.389,30 e agli importi connessi alla direzione lavori e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, complessivamente ammontanti (peraltro unitamente agli oneri e all’Iva) ad € 58.000,00, pari ad un “totale pagabile dalla Amministrazione” di € 1.001.162,33.

La SRL eccepisce, inoltre, che la suddivisione in lotti darebbe luogo ad una artificiosa frammentazione dell’appalto, in realtà unitario, mediante la sua ripartizione in più segmenti tutti di valore inferiore alla soglia comunitaria. Ne deduce l’indebita elusione delle procedure ordinarie, resa ancor più avvertibile dalla mancata allegazione, da parte dell’Amministrazione, di una motivazione congrua, idonea a giustificare la contestata suddivisione, con conseguente violazione dell’art. 35, commi 6, 8, 9 e 10, D. Lgs. n. 50 del 2016, anche in relazione alle indicazioni contenute sul punto nelle Linee Guida ANAC n. 4.

L’analisi del Tar

Per i giudici amministrativi il ricorso è manifestamente infondato in relazione a ciascuno dei motivi dedotti. Con riferimento alla parte che interessa il presente motivo il Tar ricorda che il calcolo del valore dell’appalto “è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore” (art. 35, 4° co., D. Lgs. n. 50 del 2016).

La Cassazione ricorda come a prescindere dal rilievo secondo cui, come traspare dalla chiara formulazione testuale, la determinazione del valore dell’appalto attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, per se stessa riservata all’Amministrazione ed insuscettibile di sindacato giurisdizionale (se non nei noti limiti dell’illogicità e dell’incongruità manifesta), deve essere ricordato che tale somma comprende oltre all’”importo dei lavori stessi”, il “valore complessivo stimato di tutte le forniture e servizi messi a disposizione dell’aggiudicatario dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, a condizione che siano necessari all’esecuzione dei lavori” (art. 35, 8° co.), categoria nella quale non sono tuttavia annoverabili gli imprevisti e gli incentivi per le funzioni tecniche di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016 (la cui consistenza incerta ed eventuale ne preclude l’inclusione nel coacervo degli importi astrattamente pagabili, ossia del valore dell’appalto considerato ai fini dell’osservanza delle soglie comunitarie) e gli ulteriori oneri connessi all’attività dei professionisti incaricati della direzione lavori e del coordinamento della sicurezza nella fase di esecuzione, trattandosi di prestazioni non strettamente riconducibili alla nozione di “forniture e servizi” evocata dalla disposizione in esame.

A ciò si deve aggiungere che, quand’anche fosse accolta l’impostazione suggerita dalla ricorrente e fossero, quindi, sommate al valore stimato dell’appalto le voci di spesa accessorie (esclusa l’Iva sui lavori), attualmente accantonate dall’Amministrazione comunale ed inserite, nel quadro economico, all’interno della categoria residuale denominata “somme a disposizione”, la soglia di rilevanza comunitaria (un milione di euro), prevista dall’art. 35, 2° co, lett. c), D. Lgs. n. 50 del 2016, non risulterebbe comunque superata.

Il Tar osserva che la ricorrente ritiene, infatti, che il valore dell’appalto andrebbe stimato in € 1.001.162,33 e che la soglia di rilevanza comunitaria risulterebbe quindi superata di appena € 1.162,33, così da precludere l’adozione della procedura negoziata avviata ai sensi dell’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016.

Tale tesi, osserva il Tar trascura, tuttavia, di considerare che gli importi preventivati per la direzione lavori e per l’attività di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, complessivamente ammontanti ad € 58.000,00 (e computati per l’intero al fine di dimostrare il contestato superamento della soglia), risultano comprensivi delle somme dovute ai fini dell’IVA e che queste ultime non possono essere giuridicamente ricondotte al valore dell’appalto, essendone espressamente vietata l’inclusione ai sensi dell’art. 35, 4° co., D. Lgs. n. 50 del 2016, secondo il quale l’importo importo totale pagabile (per l’appunto: il valore dell’appalto) deve essere sempre stimato “al netto dell’IVA”.

L’incidenza dell’Iva dovuta sulle spese per la direzione lavori e per il coordinamento della sicurezza (benché computata sulla base dell’aliquota agevolata del 10%) risulta peraltro superiore alla differenza (€ 1.162,33), rilevata dalla ricorrente allo scopo di comprovare il superamento della soglia comunitaria, superamento che, pertanto, non potrebbe verificarsi nemmeno quando fossero computate (evidentemente al netto dell’Iva) le suddette spese tecniche.

Il Tar da tale disamina deduce l’infondatezza della censura in esame, non idonea, per le considerazioni che precedono, a vanificare il presupposto quantitativo (valore dell’appalto inferiore alla soglia comunitaria) sulla cui base l’amministrazione ha dato corso alle procedure negoziate, di cui all’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016.

Per il Tar deve essere, inoltre, respinto l’ulteriore rilievo con il quale la ricorrente contesta la suddivisione in lotti dei lavori, ritenendo (anche sulla scorta delle indicazioni adottate dall’ANAC nelle Linee Guida n. 4 – deliberazione n. 636 del 2019) che si sarebbe dato luogo ad un’artificiosa frammentazione dell’appalto (da intendersi come sostanzialmente unitario), finalizzata a ripartirne il valore tra più procedure, così da collocarne ciascuna al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria.

In conclusione il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge.

Riferimenti normativi:

Art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016

Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza 9 dicembre 2019, n. 514

 

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