La vigente formulazione dell’art. 19 l. n. 241/1990 disciplina l’istituto della segnalazione certificata di inizio attività, meglio nota come SCIA. La segnalazione consente al privato di avviare alcune attività immediatamente, sulla base di un atto che lo stesso privato formula e presenta alla P.A. senza necessità di attendere da parte di quest’ultima l’adozione di un provvedimento amministrativo.

In caso di carenza dei requisiti e presupposti di cui al comma 1 della medesima disposizione normativa, la P.A. ha 60 giorni di tempo dal ricevimento della segnalazione per adottare i provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi della stessa.

La scadenza di questo termine costituisce un evento decadenziale che preclude l’adozione dei suddetti provvedimenti salvo che le dichiarazioni sostitutive attestanti fatti, qualità e stati personali posti alla base della SCIA si rivelino, successivamente false o mendaci, oppure nel caso in cui l’attività intrapresa in assenza dei requisiti e dei presupposti di legge metta in pericolo il patrimonio artistico e culturale, l’ambiente, la salute, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

In difetto di tali requisiti l’intervento tardivo della P.A. sarà limitato da valutazioni di opportunità e bilanciamento di interessi di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

Secondo quanto previsto dall’art. 19, comma 6-bis, della legge n. 241 del 1990, come aggiunto dall’art. 5, comma 2, lettera b), numero 2) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo. Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, il sistema dei controlli sulla SCIA è applicabile nella sua integralità alla materia edilizia, con la differenza che il termine per l’intervento inibitorio o repressivo dell’Amministrazione è ridotto da sessanta a trenta giorni.

Ma cosa succede qualora una legge regionale preveda l’ampliamento delle ipotesi in cui è possibile per la P.A. esercitare i suoi poteri sanzionatori previsti per la repressione degli abusi edilizi oltre tale termine decadenziale?

Il caso non è teorico dato che, ai sensi dell’art. 117, III comma Cost., la materia del governo del territorio è di competenza concorrente Stato/Regioni e che, sempre ai sensi dell’art. 117, comma II, lett. m. Cost. potrebbe prefigurarsi un mancato rispetto dei livelli concernenti diritti civili e sociali stabiliti con legge dello Stato.

E’ quanto accaduto, ad esempio, con la legge regionale n. 40/2011 della Toscana che, limitando il principio dell’affidamento del privato, estendeva il termine entro cui la P.A. poteva intervenire anche oltre quello di  30 giorni fissato dalla l. n. 241/1990.

Ebbene, secondo il Giudice delle Leggi, tale normativa è incostituzionale.

Il caso era originato dal proprietario di una unità immobiliare ad uso civile abitazione ricadente in zona urbanisticamente classificata come agricola nel Comune di Firenze, il quale, intendendo avvalersi dei benefici della normativa regionale sul cosiddetto “piano casa” (legge della Regione Toscana 8 maggio 2009, n. 24, recante «Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente»), presentava in data 10 settembre 2012 una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) finalizzata alla realizzazione di un ampliamento della predetta abitazione mediante chiusura di un preesistente loggiato.

Successivamente alla presentazione della segnalazione nessuna indicazione ostativa era pervenuta da parte del Comune di Firenze, sicché i lavori erano stati eseguiti, e ne era stata comunicata l’ultimazione in data 25 febbraio 2013.

Con nota del 25 giugno 2013, il Comune di Firenze dava avviso dell’avvio di un procedimento di accertamento edilizio ai sensi dell’art. 84-bis della legge regionale n. 1 del 2005, in quanto l’ampliamento non rientrava tra quelli consentiti dalla legge regionale n. 24 del 2009.

Con ulteriore provvedimento del 28 febbraio 2014 il responsabile della direzione urbanistica del Comune di Firenze dichiarava inefficace la SCIA ed ordinava la rimessione in pristino.

Veniva chiesto l’annullamento dell’ordinanza e il TA.R. competente riteneva non manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata dal ricorrente.

Secondo Corte Cost. sent. del 27 gennaio 2016 “È giurisprudenza pacifica che, nell’ambito della materia concorrente «governo del territorio», prevista dal comma in questione, i titoli abilitativi agli interventi edilizi costituiscono oggetto di una disciplina che assurge a principio fondamentale (sentenze n. 259 del 2014, n. 139 e n. 102 del 2013, n. 303 del 2003), e tale valutazione deve ritenersi valida anche per la denuncia di inizio attività (DIA) e per la SCIA che, seppure con la loro indubbia specificità, si inseriscono in una fattispecie il cui effetto è pur sempre quello di legittimare il privato ad effettuare gli interventi edilizi (sentenze n. 121 del 2014, n. 188 e n. 164 del 2012). […]Con riguardo alla portata dei «principi fondamentali» riservati alla legislazione statale nelle materie di potestà concorrente, questa Corte ha avuto modo di chiarire, tra l’altro, che «il rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio deve essere inteso nel senso che l’una è volta a prescrivere criteri ed obiettivi, mentre all’altra spetta l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenze n. 272 del 2013 e n. 237 del 2009).

Ebbene, la normativa regionale in esame, nell’attribuire all’Amministrazione un potere di intervento, lungi dall’adottare una disciplina di dettaglio, ha introdotto una normativa sostitutiva dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale; pertanto viene proprio a toccare i punti nevralgici del sistema elaborato nella legge sul procedimento amministrativo (sede già di per sé significativa) e cioè il potere residuo dell’Amministrazione, a termini ormai decorsi, e il suo ambito di esercizio (in concreto, i casi che ne giustificano l’attivazione).

Essa, dunque, comporta l’invasione della riserva di competenza statale alla formulazione di principi fondamentali, con tutti i rischi per la certezza e per l’unitarietà della disciplina che tale invasione comporta; e ciò tanto più in una materia che, come è noto, e come dimostrano le sue frequenti modifiche, presenta delicati e complessi problemi applicativi”.

Avv. TOMMASO GASPARRO

– Studio Legale Gasparro –

Pec: tommaso.gasparro@coalarino.legalmail.it

Skype: Tommaso Gasparro

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