Ai sensi dell’art. 873 c.c. la distanza minima tra due costruzioni (tranne i casi previsti dall’art. 879 c.c.) deve essere di 3 metri salvo diversa disposizione dei regolamenti locali.

Nella prassi gli strumenti urbanistici locali derogano alla disposizione normativa in esame prevedendo una distanza minima normalmente di 5 metri.

E’ importante sottolineare come secondo una giurisprudenza consolidata “In tema di distanze legali nelle costruzioni, le prescrizioni contenute nei piani regolatori nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati; tali deroghe, se concordate, sono invalide, né tale invalidità può venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiché il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici”[cfr.ex pluribus, Cass. 11.09.2018 n. 22054, Cass. 2.03.2018 n. 5016 e Cass. 23.04.2010 n. 9751].

Il problema che più spesso la prassi pone, in materia, è quello di distinguere correttamente, a fini legali, una nuova costruzione da una semplice ristrutturazione che non è, dunque, assoggettata alla disciplina in materia di distanze.

La Corte di Cassazione ha, ovviamente, avuto modo di intervenire più volte in materia chiarendo che la realizzazione di una nuova costruzione è ravvisabile non solo, com’è ovvio, nell’ipotesi di realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche in tutti i casi di modificazione della volumetria di un fabbricato preesistente che comporti l’aumento della sagoma d’ingombro incidendo direttamente sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti [cfr. Cass. Civ. n. 17043/2005].

Se, pertanto, la ristrutturazione edilizia non comporta aumenti di superficie o di volume non integra una nuova costruzione e non è assoggettata alla disciplina in materia di distanze.

La semplice ristrutturazione, in altri termini,  si verifica solo se gli interventi edilizi, comportando modificazioni esclusivamente interne, interessino un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali che se, invece, vengono meno per evento naturale o volontaria demolizione, integrano una nuova costruzione.

In presenza anche di lievi incrementi di volume e modesti incrementi di volume si è in presenza di una nuova costruzione [cfr. Cass. Civ. n. 15041/2018] e i regolamenti locali non possono incidere su questo aspetto neppure indirettamente con la previsione, ad esempio, di soglie massime di incremento edilizio.

Quando, pertanto, si violano le distanze previste dall’art. 873 il proprietario ha diritto, ai sensi dell’art. 872 c.c. ad una doppia tutela: potrà chiedere al Giudice la riduzione in pristino e agire per il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c.

A tali principi fa ampio ricorso la giurisprudenza. Per un significativo riscontro di merito si veda il decisum dalla Corte d’Appello di Torino del 26 ottobre 2023.

Nel caso in esame, ad esempio il giudice di appello ribalta le decisione di primo grado qualificando l’intervento edilizio, originariamente identificato come una semplice ristrutturazione in una nuova costruzione con conseguente condanna all’arretramento, previa demolizione, del manufatto di nuova costruzione.

Avv. TOMMASO GASPARRO

– Studio Legale Associato Cardarella – Gasparro – via Pordenone, 13 -20132 Milano – tel. 02.89760067 segreteria@acglawyers.eu

Skype: Tommaso Gasparro

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