Uno tra i principali problemi della vita condominiale è quello della ripartizione delle spese; il criterio legale sancito dall’art. 1123 c.c. attribuisce rilievo primario alla divisione delle stesse in proporzione al valore della proprietà di ciascun condomino. La norma, tuttavia, è pacificamente derogabile dato che l’ultimo inciso del primo comma del predetto articolo fa salva una “diversa convenzione”.

Nei fatti, ciò significa che è perfettamente legittima l’adozione di un criterio diverso da parte degli appartenenti al condominio che risponde ad esigenze di tutela dell’autonomia privata e che può, ad esempio, tradursi in una diversa ripartizione generale delle spese o solo di alcune di esse o può esonerare totalmente o parzialmente alcuni condomini o gruppi di condomini dal pagamento dei contributi.

Il criterio di riparto in deroga a quello legale, stabilito dai condomini, può essere realizzato in due modi: o è contenuto in un nuovo regolamento, o è deliberato dall’assemblea, ma sempre all’unanimità.

Quanto alla prima ipotesi la Corte di Cassazione [cfr. Cass. Civ. sez. II, ord. 4 luglio 2022, n. 21086] ha statuito che “la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell’art. 1123 c.c., comma 1, – che deve essere approvata da tutti i condomini,ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti ed è modificabile unicamente tramite un rinnovato consenso unanime – presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale”.

Il principale nodo problematico posto, invece, dall’ipotesi in cui la modifica avvenga in sede assembleare è il seguente: che sorte ha una eventuale delibera dell’assemblea che deroghi al criterio legale, ma sia approvata non all’unanimità bensì a maggioranza?

Essa è, in altri termini, nulla o annullabile?

Il problema è solo all’apparenza secondario in quanto nel caso in cui si ritenesse tale delibera annullabile il termine per impugnarla sarebbe di soli 30 giorni, nel caso, invece, in cui la si ritenesse nulla non vi è alcun limite di tempo per l’impugnazione.

A fare chiarezza sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione SS.UU. con la sentenza 14 aprile 2021 n. 9839. I giudici della Nomofilachia hanno risolto il problema affermando che se una delibera condominiale stabilisce o modifica i criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione anche per il futuro ed è approvata a maggioranza invece che all’unanimità essa è nulla e può, quindi, essere sempre impugnata senza limiti di tempo; qualora invece a maggioranza si approvi una delibera che violi quei criteri di ripartizione nell’applicazione al caso concreto essa è annullabile nel termine di 30 giorni ex art. 1137 comma 2 c.c.

Avv. TOMMASO GASPARRO

– Studio Legale Associato Cardarella – Gasparro – via Pordenone, 13 -20132 Milano – tel. 02.89760067 segreteria@acglawyers.eu.

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