L’art. 1667 c.c. prevede, in materia di appalto, che l’appaltatore è tenuto alla garanzia per difformità e vizi dell’opera e che l’azione del committente nei suoi confronti si prescrive nel termine di due anni dalla consegna dell’opera.

Si discute se la disposizione normativa in esame individui una garanzia in senso tecnico e non già una sanzione all’inadempimento dell’obbligazione di consegna di un’opera immune da vizi o difformità.

Com’è evidente accogliere la prima tesi significherebbe oggettivizzare la responsabilità dell’appaltatore, la seconda invece, la configurerebbe alla stregua dei canoni ordinari imponendo la sussistenza della colpa per quanto presunta ex art 1218 c.c.

E’ questa seconda opzione ermeneutica ad essere oggi, dopo numerosi contrasti, prevalente in giurisprudenza.

In materia si è affermato un ulteriore principio a mente del quale la disciplina prevista dagli art. 1667-1669 c.c. è una norma speciale rispetto alla responsabilità contrattuale.

Ne consegue, pertanto, l’applicabilità degli art. 1453 e 1455 c.c. quando non si tratti di far valere vizi e difformità dell’opera ma la sua mancata/parziale esecuzione o la sua mancata/tardiva consegna.

Si pone il problema, nella prassi, con specifico riferimento al termine biennale previsto dall’art. 1667 c.c. di valutare se tale previsione possa essere disattesa mediante un accordo pattizio contenuto del contratto che deroghi – normalmente aumentando la durata del termine – a tale previsione.

Cosa accade, in altri termini, se le parti si accordano per prevedere un termine diverso per la prescrizione dell’azione per vizi?

Il problema non è di secondaria importanza e gli scenari giurisprudenziali sono (sorprendentemente) piuttosto frastagliati sul punto.

Il Tribunale di Firenze, sez. III civile, 3 aprile 2018 n. 980 ha, ad esempio, statuito la validità di tali accordi contrattuali ritenendo che la disciplina contenuta nell’art. 1667 c.c. non è inderogabile dai privati, pertanto accordi diversi delle parti sono pienamente validi ed efficaci.

Diversamente, e forse più correttamente, la Corte d’Appello di Catania n. 1846/2022 ha ritenuto che tali accordi non possano ritenersi validi in quanto contrastanti con la disciplina dall’art. 2936 c.c. che considera ”nullo ogni patto diretto a modificare al disciplina legale della prescrizione”.

Avv. TOMMASO GASPARRO

– Studio Legale Associato Cardarella – Gasparro – via Pordenone, 13 -20132 Milano – tel. 02.89760067 segreteria@acglawyers.eu.

Skype: Tommaso Gasparro

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