Vizi dell’edificio quando scatta la responsabilità decennale dell’appaltatore?

l termine di decadenza per far valere la responsabilità dell’appaltatore per gravi difetti di costruzione inizia a decorrere dal momento in cui il danneggiato consegua la sicura conoscenza e la consapevolezza della gravità dei difetti, data dalla piena comprensione dei fenomeni e dalla chiara individuazione e imputazione delle cause. E’ quanto si legge nella sentenza della Corte d’Appello di Trento Bolzano, sentenza 7 dicem Il caso

La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da un condominio nei confronti della società costruttrice-venditrice dello stabile condominiale al fine di ottenere, ex art. 1669 cod. civ., il risarcimento dei danni subiti per i gravi difetti dell’edificio, accertati nell’ambito di un precedente accertamento tecnico preventivo.

All’esito della pronuncia di primo grado, che ha accolto le richieste attoree, la società convenuta ha proposto appello, sostenendo che il giudice di prime cure avrebbe omesso di inquadrare giuridicamente uno ad uno i presunti vizi (considerandoli, invece, in blocco e tutti rientranti nella fattispecie di cui all’art. 1669 c.c.) e lamentando l’erroneo rigetto dell’eccezione di decadenza e prescrizione dell’azione (fondata sul fatto che l’amministratore di condominio era a conoscenza dei difetti già da alcuni anni).

La responsabilità decennale dell’appaltatore non riguarda solo i vizi strutturali

I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano semplicemente con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell’edificio, espressamente previsti dalla citata norma, ma possono consistere in tutte le alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell’opera – e, dunque, non necessariamente la sua interezza – incidano sulla struttura e sulla funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il godimento dell’opera medesima da parte di chi ha diritto di usarne: pertanto, il vizio rileva anche se relativo a elementi non strutturali della costruzione.

Sul punto, il consolidato orientamento giurisprudenziale ha, infatti, chiarito che il difetto di costruzione che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., legittima il committente alla relativa azione può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa – e, perciò, non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina” – bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (cfr., ex plurimisCass. civ. sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3040Cass. civ. sez. II, 1 agosto 2003, n. 11740Cass. civ. sez. II, 8 gennaio 2000, n. 117).

Gravi difetti di costruzione: una breve casistica

Sulla base di queste premesse, anche i giudici di secondo grado ritengono che, nella fattispecie, le singole problematiche lamentate dal Condominio vadano inquadrate tra i gravi difetti di costruzione ex art. 1669 cod. civ.

In particolare, tale qualifica va riconosciuta: alle infiltrazioni causate dalla non corretta posa della guaina isolante; all’erroneo posizionamento delle tubazioni di scarico delle acque nere (pericolosamente collocate in prossimità del locale tecnico del vano ascensore); al cattivo funzionamento delle condotte di aspirazione delle cappe delle cucine.

Decadenza e prescrizione: quando inizia a decorrere il termine?

Per verificare il rispetto del termine di decadenza annuale per la denuncia dei gravi vizi di cui all’art. 1669 c.c., è necessario identificare preventivamente il momento della loro scoperta; dalla denuncia decorre, poi, il termine annuale di prescrizione.

Nella fattispecie, la convenuta ha eccepito che il Condominio sarebbe decaduto dal diritto di contestare validamente l’esistenza di gravi difetti in considerazione del fatto che, pur essendo l’amministratore a conoscenza di tali problematiche già da alcuni anni, il condominio avrebbe omesso di compiere qualsiasi atto interruttivo fino alle successive iniziative giudiziali, intervenute ad anni di distanza.

Tuttavia, anche i giudici di seconde cure ritengono che la comunicazione dell’amministratore prodotta dalla società costruttrice-venditrice non possa configurarsi come denuncia dei danni ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., dal momento che tale missiva riferisce la presenza dei vizi, ma senza una chiara ed inequivocabile individuazione delle cause dei fenomeni enunciati.

Il condominio, pertanto, non sarebbe decaduto dal diritto di contestare validamente i difetti in questione. Conseguentemente, il condominio non sarebbe neppure incorso nella eccepita prescrizione. Sul punto, si rammenta che il termine annuale di prescrizione di cui all’art. 1669 c.c. si lega unicamente, sotto il profilo cronologico, alla denuncia dei vizi che, pertanto, è atto condizionante la decorrenza del termine prescrizionale (cfr. Cass. civ. sez. II, 19/10/2012, n. 18078).

Scoperta dei vizi: è necessaria una C.T.U.?

Secondo la pronuncia in commento, la sicura conoscenza e la consapevolezza della gravità dei difetti, date dalla piena comprensione dei fenomeni e dalla chiara individuazione e imputazione delle cause, sarebbero state acquisite dal condominio solo dopo l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio in sede di A.T.P.

Come chiarito dai giudici di legittimità, il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; il relativo accertamento, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto (cfr. Cass. civ. sez. II, 22/02/2010, n. 4249).

La Corte territoriale, quindi, non riconosce valore determinante, ai fini dell’individuazione del dies a quo, neppure al fatto che il condominio avesse commissionato, prima di promuovere l’A.T.P., una perizia tecnica di parte, ritenendo che tale relazione non avrebbe approfondito molti aspetti tecnici sulle cause dei difetti.

La decisione in commento – pur essendo legata alle peculiarità della vicenda dedotta in giudizio e non esprimendo, quindi, un pronunciamento di portata generale – sembra porsi in contrasto, almeno da un punto di vista puramente teorico, con altre sentenze di merito che, invece, hanno ritenuto che la predisposizione di una perizia tecnica di parte consenta al danneggiato di conseguire quell’apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei vizi e della loro derivazione causale richiesto ai fini della decorrenza del termine annuale di denuncia di cui all’art. 1669 cod. civ. (cfr. Trib. Milano, sez. VII, 14/10/2018, n. 10386).

La decisione di primo grado viene, quindi, integralmente confermata.

Riferimenti normativi:

Art. 1669 cod. civ.

Corte d’Appello di Trento Bolzano, sentenza 7 dicembre 2018

bre 2018

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