Offerta anomala: anche l’utile modesto può portare dei vantaggi significativi

Offerta anomala: anche l’utile modesto può portare dei vantaggi significativi

Offerta anomala: anche l’utile modesto può portare dei vantaggi significativi

Salvo il caso di un utile pari a zero, non è possibile determinare una soglia al di sotto della quale l’offerta vada considerata senz’altro anomala, giacché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo (in termini di permanenza sul mercato, di qualificazione, di pubblicità, di curriculum, di prosecuzione dell’attività lavorativa, etc.). Lo stabilisce il Tar Lazio, sez. II bis, sentenza 28 gennaio 2020, n. 1187.

 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Tar Lazio, Roma, sez. I ter, 7 gennaio 2020, n. 58

Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1099

Difformi Non si rilevano precedenti

Il fatto

L’adito Tar Roma è chiamato a pronunciarsi in merito ad una gara per l’affidamento di un appalto pubblico di servizi nel contesto della quale la stazione appaltante attivava la procedura per la verifica di congruità dell’offerta del soggetto classificatosi primo in graduatoria (art. 97, comma 3, D.Lgs. n. 50 del 2016).

La decisione del Tar Roma

Si consideri, preliminarmente, che la giurisprudenza ha acquisito taluni punti fermi in tema di procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta che possono così sintetizzarsi:

– si tratta di un procedimento volto a verificare l’attendibilità e la serietà dell’offerta senza avere carattere sanzionatorio (Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1099);

– la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta (Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 2017, n. 1465);

– sebbene si ammetta (Tar Campania, Salerno, sez. I, 7 gennaio 2020, n. 9) che l’offerta possa essere modificata in taluni suoi elementi e che, in particolare, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e inattendibili, l’operatore economico possa dimostrare che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate, potendosi, dunque, in relazione alle stesse, conseguire un concreto e credibile risparmio, tale da compensare il maggior costo di altre voci, siffatta rimodulazione non può comunque tradursi in “un’operazione di finanza creativa priva di validi riscontri, al solo scopo di ‘far quadrare i conti’ ovverosia di assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato e si superino le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676). Invero, “la giurisprudenza ritiene coerenti con lo scopo del giudizio di anomalia e con il rispetto dei principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione con modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo… lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili” (Tar Lombardia, sez. IV, 28 agosto 2017, n. 1774). Nel dettaglio, in sede di verifica dell’anomalia, è consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo, per sopravvenienze di fatto o normative ovvero al fine di porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica e la struttura dell’offerta tecnica in ossequio alla regola della immodificabilità dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2019, n. 171; Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2017, n. 4680; Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2019, n.4400; Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3759);

– l’esclusione dalla gara necessita della prova dell’inattendibilità complessiva dell’offerta (Cons. Stato A.P. n. 36/2012 cit.; Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4761; Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2010, n. 5848; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2010, n. 8148) sicché eventuali inesattezze su singole voci devono ritenersi irrilevanti: ciò che conta è (come detto) l’attendibilità dell’offerta e la sua idoneità a fondare un serio affidamento per la corretta esecuzione dell’appalto (Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2018, n. 589);

– la valutazione favorevole circa la giustificazione dell’offerta sospetta di anomalia non richiede un particolare onere motivazionale, mentre è richiesta una motivazione più approfondita laddove l’amministrazione ritenga di non condividere la giustificazione offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5450; Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527);

– la valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica ed è sindacabile innanzi al G.A. soltanto in caso di macroscopiche illogicità (vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto). Il G.A. non può dunque effettuare autonomamente la verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sostituendo così la sua valutazione al giudizio formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2015, n. 89; Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5530);

– anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il Giudice di legittimità può intervenire, fermo restando –come detto- l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione.

Orbene alla luce di queste premesse può ora sottolinearsi come la sentenza resa dal G.A. capitolino osservi che, fatta salva l’ipotesi di un utile pari a “zero”, non sia possibile indicare una soglia al di sotto della quale l’offerta debba comunque essere considerata anomala, dal momento che anche ad un utile “modesto” può ricondursi un “vantaggio significativo”.

Peraltro la giurisprudenza da tempo ammette l’abilitazione a partecipare alle gare pubbliche in capo a figure del c.d. “terzo settore”, per loro natura prive di finalità lucrative, vale a dire a soggetti che perseguano scopi non di stretto utile economico, bensì sociali o mutualistici; a loro è stato ritenuto non estensibile il principio del c.d. “utile necessario” fondato sull’innaturalità ed inaffidabilità, per un operatore del mercato, di un’offerta in pareggio, perché contro il naturale scopo di lucro.

Si è precisato (Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6522) che, in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte, “il principio del c.d. ‘utile necessario‘ trova fondamento, in assenza di una base normativa espressa, nel carattere innaturale e, quindi, intrinsecamente inaffidabile di un’offerta in pareggio che contraddica lo scopo di lucro e, in definitiva, la ratio essendi delle imprese e, più in generale, dei soggetti che operano sul mercato in una logica strettamente economica (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2014, n. 3805, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.). Detta finalità, che è alla base del principio e ne definisce di conseguenza i confini applicativi, non è estensibile a soggetti che operano per scopi non economici, bensì sociali o mutualistici, per i quali l’obbligatoria indicazione di un utile d’impresa si tradurrebbe in una prescrizione incoerente con la relativa vocazione non lucrativa, con l’imposizione di un’artificiosa componente di onerosità della proposta. Ne deriva che, diversamente da quanto accade per gli enti a scopo di lucro, l’offerta senza utile presentata da un soggetto che tale utile non persegue non è, solo per questo, anomala o inaffidabile, in quanto non impedisce il perseguimento efficiente di finalità istituzionali che prescindono da tale vantaggio strictosensu economico” (v. anche: Tar Lazio, Roma, sez. I ter, 7 gennaio 2020, n. 58; Tar Molise, Campobasso, sez. I, 6 aprile 2019, n. 127).

Tar Lazio, sez. II bis, sentenza 28 gennaio 2020, n. 1187

 

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